Economia Sicilia

Economia siciliana tramortita dalla crisi Covid: tiene l’agroalimentare

L’economia siciliana esce tramortita dall’impatto con la crisi causata dalla pandemia da Covid 19. Certo va un po’ meglio della Sardegna ma è ben poca cosa.

Il Paese nel suo complesso appare in grande difficoltà e l’economia siciliana non fa purtroppo eccezione. In base alle stime, i posti di lavoro che potrebbero essere persi alla fine del 2021 rispetto a dicembre 2019, ammontano a 1,3 milioni, pari all’8,2% del totale dei 16 milioni di addetti impiegati nelle imprese prima dell’emergenza (considerando non solo le PMI, ma anche micro e grandi). Da un punto di vista territoriale, le perdite sarebbero in termini assolute più consistenti nel Nord-Ovest (399 mila addetti, -7,8%), rispetto a Nord-Est (322 mila, -8,2%), Mezzogiorno (320 mila, -8,4%) e Centro (289 mila, -8,9%). Il tasso di disoccupazione passerebbe dal 10% al 15,1%, con punte del 21,1% nel Sud e nelle Isole.

Lo dice il Rapporto Regionale PMI 2021, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, analizza le performance economico-finanziarie delle circa 160 mila società di capitale italiane che – impiegando tra 10 e 249 addetti e con un giro d’affari compreso tra 2 e 50 milioni di euro – rientrano nella definizione europea di PMI. Con oltre 94 mila società (54 mila nel Nord-Ovest e 40 mila nel Nord-Est), il Nord è l’area con il numero maggiore di PMI, che registrano comunque una presenza diffusa in tutto il territorio nazionale con 33 mila società nel Centro e 32 mila nel Mezzogiorno. A livello complessivo, il valore aggiunto prodotto è pari a 230 miliardi di euro: il 39% da PMI che hanno sede nel Nord-Ovest, il 28% da società del Nord-Est, il 18% da imprese dell’Italia centrale e il restante 15% da quelle meridionali.

Economia siciliana: disoccupazione stimata al 23,9%

Tra le regioni, Calabria (24,5%), Campania (24,4%) e Sicilia (23,9%) farebbero registrare i tassi più alti, anche a causa di tassi già molto alti prima della pandemia. In tutte le regioni i tassi di disoccupazione potrebbero comunque superare il 10%. La probabile uscita dal mercato di un numero rilevante di imprese e il ridimensionamento del giro d’affari di molte altre avrà inevitabili ripercussioni anche sul livello di investimenti. Secondo le stime, causa del Covid le società italiane perderebbero 43 miliardi di euro di capitale nel biennio 2020-2021 (-4,8% su 900 miliardi complessivi di fine 2019).

Perdite del 5,7% per il capitale aziendale

Anche per quanto riguarda le previsioni sul capitale aziendale, il Mezzogiorno è l’area relativamente più colpita dalla crisi sanitaria, con una perdita stimata di 8,4 miliardi (-5,3%). Le regioni più colpite sarebbero Sardegna (-6,4%), Sicilia (-5,7%) e Calabria (-5,5%). Nel Centro si stima una riduzione di 10,7 miliardi (-4,9%), nel Nord-Est di 9,7 miliardi (-4,6%) e nel Nord-Ovest di 14,4 miliardi (-4,6%).

Grazie a una specializzazione produttiva meno concentrata nei settori più colpiti dalla pandemia, la caduta dei conti economici è in genere più contenuta nel Mezzogiorno. Fa eccezione la Sardegna: la redditività lorda è calata tra 2020 e 2019 del 26,9%, gli impatti potenziali sull’occupazione sono significativi (-30 mila addetti, pari al -9,4%) e la presenza di PMI con un’alta probabilità di default è ai massimi. Anche se più contenuti rispetto alla Sardegna, gli impatti del Covid sono significativi anche in Abruzzo, sia sui conti economici, sia sull’occupazione. In Molise, Basilicata, Sicilia e Calabria, la specializzazione nell’agroalimentare ha ridotto gli effetti della pandemia sui sistemi locali di PMI, che rimangono però tra i più fragili del Paese. La Campania, e in misura minore la Puglia, hanno invece sofferto di più sul fronte dei conti economici, ma fanno registrare sistemi più solidi delle altre regioni meridionali.

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Giovanni Megna