Opinioni

Elezioni regionali, il vero vincitore della campagna elettorale: lo sbadiglio

C’è una novità in questa campagna elettorale di cui vale la pena parlare: lo sbadiglio. E’ un elemento non secondario ma, anche quando fatto platealmente, non visto o percepito dal politico che parla. Eppure è frequente. Più frequente della finta telefonata utilizzata come scusa per scappare da una sala tetra in cui il solito solone, magari alla terza o quarta legislatura, è arrivato per rappresentare quanto bello e perfetto potrà essere il mondo in caso di vittoria. La sua.

E quanti errori sono stati fatti in questi anni. Ma sempre dagli altri. Magari è uno di quelli che con la tipica transumanza che caratterizza la nostra politica ha cambiato schieramento all’ultimo minuto: era un sostenitore sfegatato di Crocetta fino a un’ora prima della presentazione delle liste tanto quanto è avversario ora che, in un afflato di ideale propensione a scegliere la convenienza, ha sposato altra casacca pur di essere rieletto.  Sicché, sentendo parlare questi politici che a volte sembrano scesi dalla luna, è facile cogliere sbadigli qua e là, in ordine sparso. Sbadiglio da stanchezza, si intende, cui si somma il tedio delle solite, ridondanti, promesse elettorali vero nemico della democrazia.

Il partito dell’altrismo sovrasta gli schieramenti, li avvolge: la responsabilità (non parliamo di colpa che appartiene a ben altra categoria) è sempre degli altri. E’ del governo regionale, prima di tutto, poi è sempre di Crocetta, anche quando una legge malfatta è uscita dai conciliamboli trasversali dell’Assemblea regionale siciliana. Non che qui si voglia assolvere Rosario Crocetta il quale ha commesso tanti errori  ma certo risulta insopportabile la tiritera di certi deputati in serrvizio permanente da quando avevano i calzoni corti. Imprenditori, professionisti, commercianti, cittadini sembrano voler dire ogni volta: dite qualcosa di sensato, fateci sognare, non raccontateci le solite balle, proponeteci una ricetta, insomma dateci un po’ di speranza. E loro lì, col tono giusto come hanno imparato sin da piccoli, a parlare delle solite cose.

E ci si chiede come è possibile che la Sicilia, con cotanti politici che sanno parlar bene, non sia ancora l’isola della felicità e della piena occupazione,  della ricchezza infinita e ben distribuita.  Ma loro sanno che la coerenza è un optional e che “finita la festa, gabbato lo santo” e tutto torna come prima per altri cinque anni in un rito stantio di camminamenti e chiacchiere nelle vacue stante dell’Ars con i turisti che dopo aver assaporato la bellezza del palazzo guardano questi uomini in cravatta. E sbadigliano.

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Giovanni Megna