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La carta archeologica di Taormina: punto fermo per recuperare il patrimonio

La Carta archeologica di Taormina, un progetto per riannodare i fili della memoria, recuperando il patrimonio disperso. Ci lavora da 10 anni il Dipartimento di civiltà antiche e moderne dell’Università di Messina e il Cnr- Ibam con l’obiettivo di “ricostruire – sottolinea Lorenzo Campagna, professore associato di Archeologia classica- il tessuto connettivo di una città sconosciuta agli stessi residenti”. Dentro questo progetto, l’Università ne ha attivato un altro e riguarda gli interventi sul sito archeologico di Villa San Pancrazio, dove il prossimo luglio riprenderanno gli scavi, e che finora ha impegnato tra gli altri 70 studenti, non solo dell’Ateneo messinese, ospitati dal comune di Taormina. Un impegno questo consolidato dalla proficua sinergia tra pubblico e privato.

La Carta, presentata nel corso di un seminario che si è tenuto al Dipartimento di Economia di UniMe, fa una narrazione storica delle cinque sovrapposizioni che compongono la cittadina ionica, non una semplice ricostruzione catastale quindi ma la base da cui partire per nuove politiche di valorizzazione culturale che devono essere messe in campo dalle istituzioni pubbliche in stretto raccordo con Enti e soggetti privati. Uno strumento che mette al centro il patrimonio archeologico, da tradurre in termini turistici quindi, per offrire itinerari alternativi a quelli già battuti che non soddisfano più i moderni “viaggiatori” che vogliono sempre più entrare nell’anima dei luoghi per fare “esperienza” di ciò che gli viene raccontato. E in futuro potrebbe venire in soccorso anche la tecnologia con la creazione di un Living lab, con mappe interattive e gallerie immersive. Un laboratorio sperimentale per la valorizzazione e la comunicazione dei beni culturali, seguendo l’esempio di Catania e Acireale.

Serve che gli stessi residenti si riapproprino della loro identità e serve, come ha sottolineato il promotore del seminario Filippo Grasso, docente di Analisi di Mercato del corso di laurea di Scienze del turismo, “che ci siano Enti locali, Pro loco, tour operator, imprenditori che facciano la loro parte senza improvvisazioni e investendo sulle competenze. A Messina siamo ancora all’anno zero, non si riesce a programmare, né ad avere una visione contemporanea di utilizzo del patrimonio culturale”. Ha focalizzato l’attenzione sulla formazione di manager del settore e sulla necessità di diversificare il prodotto turistico, Giuseppe Avena docente del Dipartimento di Economia e delegato regionale Sistur che ha ribadito come sia ormai superato il modello di “turismo balneare”.
Reinvestire nel patrimonio archeologico che rischia la sparizione, è stato sottolineato, e l’Università di Messina, con le campagne di scavi che hanno preso il via nel 2015, ha portato alla luce due domus romane nell’area di Villa San Pancrazio. Il sito, posto su una proprietà privata, non è ancora pronto per la fruizione ma si lavora in sinergia, perchè presto lo sia. Intanto sono stati collocati due banner che già attirano residenti e turisti che da fuori fotografano i lavori in corso. Quello che succede da tre anni nell’ex albergo taorminese è il frutto di una stretta collaborazione tra pubblico e privato, come racconta Alessio Toscano Raffa del Cnr Ibam di Catania e coordinatore delle attività. Fino al 1978 l’Hotel Villa San Pancrazio, era un frequentato e lussuoso albergo di Taormina, poi durante alcuni lavori nel giardino annesso all’edificio, furono rinvenuti i resti di una ricca domus romana. L’area fu indagata a più riprese dalla Soprintendenza fino al 1992, con l’individuazione di 26 ambienti. Poteva essere un ulteriore punto di forza per la struttura invece per l’albergo iniziò il declino e la chiusura.

Nel 2015 l’albergo era completamente abbandonato e parte del suo giardino, a ridosso della domus romana, era utilizzato come parcheggio privato a pagamento così a luglio il Dipartimento di civiltà antiche e moderne dell’Università di Messina, già impegnato con il Cnr- Ibam nella redazione della carta archeologica, ha avviato il progetto di riqualificazione e studio della domus. La prima campagna, priva di finanziamenti e condotta unicamente con una ventina di studenti dell’Ateneo messinese, ha riguardato la bonifica dell’area e la riscoperta della domus, lo studio delle stratigrafie murarie, la realizzazione di un rilievo di dettaglio delle strutture conservate e di saggi stratigrafici.

L’area e l’immobile, pignorati nel 2013 e messi all’asta, dopo una serie di controversie giudiziarie, nel novembre 2015 furono acquistati dalla Luxury Collection Srl. La Regione Siciliana e il Comune di Taormina, per mancanza di fondi, non esercitarono il diritto di prelazione. La nuova proprietà oltre la sistemazione dell’albergo ha previsto. di valorizzare l’area archeologica e renderla fruibile al pubblico. A maggio 2016 viene così firmata una convenzione tra l’Università di Messina, la Soprintendenza e la Luxury Collection Srl. L’accordo prevede tra l’altro la prosecuzione delle ricerche, il restauro conservativo, la progettazione condivisa con le finalità della fruizione, la valorizzazione del patrimonio archeologico.

In attesa che a luglio riprendano i lavori con la quarta campagna di scavi, gli archeologi del DiCam dell’Università di Messina propongono per il primo maggio una giornata all’insegna della cultura, del lavoro e della convivialità presso le domus di Villa San Pancrazio. Il programma prevede l’attività di pulizia dell’area archeologia per fare un tuffo gioviale nel passato con musica e cibo durante le pause.

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Lina Bruno