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Ecco come la corruzione è cresciuta e ha cambiato pelle dopo Tangentopoli

La corruzione politica continua a inquinare le istituzioni italiane. Tangentopoli sembrava essere il giro di boa verso un ridimensionamento del fenomeno e, invece, questo è cresciuto, pur “cambiando pelle”: se prima i vantaggi della corruzione erano diretti prevalentemente verso i partiti (in particolare con il finanziamento illecito), adesso appaiono più frequenti i casi di vantaggi personali che si manifestano anche con la costruzione di reti associative più “private”. Un fenomeno molto presente nel Mezzogiorno, specie in regioni come la Campania, la Sicilia e la Calabria, ma anche in altre aree territoriali, come la Lombardia.

Si tratta di alcune delle tendenze che emergono dall’VIII Rapporto RES su “La corruzione politica al Nord e al Sud – I cambiamenti da Tangentopoli a oggi”, realizzato dalla Fondazione RES, a cura di Rocco Sciarrone.

Un’indagine innovativa sulla corruzione politica

La corruzione politica è considerata uno dei principali ostacoli alla crescita economica e civile del Paese. Il fenomeno è ancor più preoccupante nel Mezzogiorno dove si combina con l’influenza della criminalità organizzata. Mancano tuttavia dati solidi per inquadrare la diffusione del fenomeno, il suo andamento nel tempo, il radicamento nelle diverse aree del Paese, le modalità prevalenti che assume. Il Rapporto, presentato oggi a Palazzo Branciforte a Palermo, costituisce un contributo innovativo. Si serve, infatti, di due fonti di informazioni finora non utilizzate sistematicamente: la banca dati delle sentenze della Corte di Cassazione (dal 1985 a oggi) e i casi considerati nelle autorizzazioni a procedere del Parlamento. L’indagine si è concentrata sulla “corruzione politica”, intesa come quella quota dei reati legati alla corruzione che coinvolge direttamente detentori di cariche politico-amministrative a livello locale, regionale e nazionale (sindaci, presidenti di regione, assessori, consiglieri, parlamentari, ecc.). Sono stati selezionati dati relativi non solo ai reati di corruzione in senso stretto, ma anche riferiti a vicende giudiziarie che riguardano evidenti episodi di corruzione anche se essi sono stati penalmente perseguiti attraverso altre fattispecie di reato (come i reati associativi o i reati di criminalità economica e altri). La ricerca prende le mosse dalla fase di Tangentopoli per interrogarsi su come il fenomeno è evoluto nel corso del tempo.

 

 

Corruzione in crescita

Secondo i dati analizzati nel Rapporto la corruzione politica appare in crescita, dopo un periodo di lieve calo nel decennio successivo a Tangentopoli. Erano 400 in totale i reati contestati ai politici tra il 1980 e il 1994, valore poi sceso a 317 tra il 1995 e il 2004, mentre tra il 2005 e il 2015 si è assistito a un’impennata che ha portato i reati totali commessi da politici a 517, ben al di sopra del livello pre-Tangentopoli. La regione col maggior numero in assoluto di reati legati alla corruzione politica è la Campania, seguita dalla Lombardia e poi dalla Sicilia. Le regioni più “virtuose” sono la Valle d’Aosta e l’Umbria.

 

 

Nelle sentenze della Cassazione i reati più contestati risultano la corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (17%) e la concussione (11%). Il finanziamento illecito ai partiti è presente in misura minore (6%). Più rilevanti sono invece i reati associativi (l’associazione a delinquere e quella di stampo mafioso, che insieme raggiungono il 12%). I reati di corruzione in senso stretto restano tendenzialmente stabili nel tempo mentre cala sensibilmente dopo il 1994 il finanziamento illecito ai partiti (dal 29% al 7%) e salgono gli “altri reati” (tra cui, in particolare, i reati associativi): dal 35% al 46,5%. Questi ultimi sono in forte crescita nell’ultimo decennio, soprattutto al Sud, dove incidono per il 18%. I reati di corruzione sono maggiormente presenti a livello comunale (55%), mentre quelli associativi a livello regionale (46%).

«La crescita e, al tempo stesso, la trasformazione della corruzione – si legge nel Rapporto della Fondazione RES – possono essere collegate all’indebolimento dei partiti politici. La scomparsa delle formazioni politiche tradizionali, nella fase successiva a Tangentopoli, ha reso queste organizzazioni più deboli, più aperte alle influenze esterne, meno capaci di selezionare la classe politica volta a ricoprire cariche politico-amministrative. Tali cambiamenti – combinandosi con il processo di decentramento politico verso gli enti locali e le regioni degli ultimi decenni – sembrano aver favorito anzitutto una crescita della corruzione politica in senso stretto, con una più forte concentrazione nel Sud dove la debolezza dei partiti è ancora più marcata. Dall’indagine emerge però anche la trasformazione del fenomeno. Si manifesta una maggiore “dispersione” della corruzione politica, una spinta al decentramento verso il livello istituzionale locale e regionale e una “privatizzazione” degli scambi corrotti, nel senso di privilegiare finalità di arricchimento personale e di gruppo».

Caratteristiche della corruzione

I corrotti offrono soprattutto un accesso privilegiato ad appalti e affidamenti (nel 45% dei casi considerati), mentre le risorse scambiate dal corruttore sono nella maggior parte dei casi tangenti (54%). Queste risultano più diffuse al Nord (oltre il 60%), anche se in misura minore rispetto al periodo precedente a Tangentopoli, mentre il voto di scambio (8%) e i favori (5%) sono maggiormente presenti nel periodo successivo, specialmente al Sud (dove raggiungono rispettivamente il 13% e il 9%). Non sempre le risorse scambiate hanno una natura monetaria. Per esempio, al Sud i casi in cui lo scambio non è quantificabile, perché prende la forma dei favori e di altri benefici materiali, sono circa il doppio (35%) di quelli che si registrano al Nord (18%). Al Nord, invece, risultano molto più numerosi (18%) i casi il cui valore scambiato tra corrotto e corruttore supera i 500.000 euro rispetto al Sud (9%).

I settori di attività dove appaiono prevalenti i fenomeni corruttivi vanno dall’edilizia pubblica e privata ai servizi, alla sanità, alle infrastrutture, allo smaltimento dei rifiuti. La corruzione nell’edilizia riguarda in netta maggioranza i Comuni (83% dei casi per l’edilizia pubblica e 65% per quella privata), così come quella relativa a servizi pubblici, trasporti e forniture (77%). La corruzione nel settore sanitario e nei servizi sociali si manifesta soprattutto nelle Regioni (58,3%), mentre l’Amministrazione Centrale è maggiormente coinvolta per le grandi infrastrutture. Il processo di decentramento politico amministrativo degli ultimi decenni sembra avere favorito la diffusione del fenomeno a livello locale e regionale (è crescente il coinvolgimento delle amministrazioni regionali dal momento della loro istituzione specie nel Sud).

Profilo dei politici coinvolti in vicende di corruzione e collocazione politica

Dai dati è possibile tracciare anche un profilo dei politici coinvolti nelle vicende di corruzione. Anzitutto, si tratta per la quasi totalità di uomini. Su 541 politici censiti, solo 14 sono le donne, dato pari al 2,6%: cioè una percentuale sensibilmente inferiore a quelle, pur basse, che contraddistinguono la presenza femminile nei diversi livelli istituzionali. Circa la metà dei politici corrotti opera nelle regioni del Mezzogiorno. A livello regionale prevale la Campania (17%), seguita dalla Lombardia (11,5 %) e dalla Sicilia (11%). Inoltre, il corrotto ha un’età media di circa 50 anni al momento del reato, è in possesso di elevati titoli di studio e ha un background professionale solido. Per quanto riguarda le cariche ricoperte prevalgono i consiglieri dei diversi enti locali (comune, provincia, regione) con il 53%, seguiti dai parlamentari (16%), dagli assessori (15%), dai sindaci (13%), e dai presidenti (3%). Rispetto alla fase precedente a Tangentopoli sono soprattutto i sindaci a crescere, mentre i parlamentari calano vistosamente. La crescita dei sindaci è probabilmente da mettere in relazione al rafforzamento di questa figura con la riforma dei primi anni Novanta, mentre il calo dei parlamentari sembra collegarsi alla relativa perdita di peso del livello istituzionale centrale.

Il campione ricavato dai dati delle sentenze della Cassazione include 212 politici afferenti per la maggior parte alla Dc e al Psi, ma anche alle altre forze del pentapartito e al Pci/Pds. Essi sono tenuti distinti dai politici appartenenti alle nuove formazioni della Seconda Repubblica, raggruppate in schieramenti di Centrosinistra, Centro e Centrodestra. Nel complesso, nell’ambito dei casi considerati dalle sentenze della Cassazione, appaiono prevalenti i politici legati alle forze della Prima Repubblica, seguiti da quelli del Centrodestra, che fanno registrare per gli ultimi due decenni una presenza pari al 32%, e da quelli di Centrosinistra con il 17% .

Tra i politici coinvolti in vicende di corruzione che hanno un percorso di carriera successivo a Tangentopoli, si rileva una maggiore concentrazione di appartenenti al centrodestra (52%), ma anche una significativa presenza nell’ambito del centrosinistra (29%). Dunque, al pari del vecchio personale politico, anche quello nuovo sembra essere attratto in modo significativo dalle reti corruttive, in particolare al Sud. Sembra affermarsi qui una nuova generazione che si impegna in rapporti di corruzione. Nella fase successiva a Tangentopoli giocano un ruolo significativo figure di nuovi “notabili”, provenienti dal mondo delle libere professioni, specie avvocati e medici (26% dei politici coinvolti in vicende di corruzione) che si collocano più nel Centrodestra ma anche nel Centrosinistra e si muovono per finalità di arricchimento privato piuttosto che di sostegno ai partiti, ma non agiscono in modo isolato. Si pongono piuttosto al centro di reti ampie e strutturate che a volte vedono anche coinvolta direttamente la criminalità organizzata.

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