Turismo

La proposta di una zes turistica al Sud

Il boom turistico siciliano deve essere preso con le pinze. Parola di Pietro Massimo Busetta, autore de “La rana e lo scorpione: ripensare il Sud per non essere né emigranti né briganti” edito da Rubettino e presentato a Palermo durante un incontro organizzato dal Centro Studi Giuseppe La Loggia a Villa Zito, sede della Fondazione Sicilia. A introdurre la discussione è stato Enrico La Loggia, presidente onorario del Centro Studi La Loggia. Secondo l’autore (che è anche presidente del centro La Loggia), sarebbe necessario “un intervento shock che lo porti a recuperare quello standard fisiologico che sarebbe logico avesse e da cui è tanto distante”.
Secondo gli ultimi dati disponibili la Sicilia turistica tornerà nel 2023 ai livelli precrisi con una crescita del 102,4% rispetto al 2019. Una crescita pari a quella della Campania ma minore rispetto alla Sardegna dove si registrerà un incremento del 103,3%. Interessante, però, leggere i dati di densità e intensità turistica: il primo indica il numero di presenze diviso l’unità di superficie del territorio (kmq) con 357 contro una media di 957 nazionale. Diverso il discorso di intensità turistica che è il numero di arrivi diviso il numero di popolazione. In Sicilia questo è di 2.005 contro 4.882 per l’Italia. Per quel che riguarda gli arrivi di stranieri in prima posizione c’è la Francia con 23,8%, la Germania con il 18,2% e la Svizzera con il 6,5%. Gli arrivi extra ue, invece, sono capitanati dagli Usa con 6,1%.
“Nel 2019”, ha spiegato Busetta, ”il turismo in Italia aveva segnato il proprio record storico; era arrivata a quota 436,74 milioni di notti trascorse e 131,38 milioni di turisti. Delle presenze totali, 220,7 milioni erano imputabili a turisti stranieri”. E “il Mezzogiorno che rappresenta il 40 per cento del territorio complessivo del Paese partecipa a tali numeri con poco più del 15 per cento, avendo soltanto 80 milioni di presenze complessive, quanto il solo Veneto”. Da qui la necessità di un intervento shock che “dovrebbe riguardare intanto la dotazione infrastrutturale relativa ai posti letto disponibili, ma anche dovrebbe prevedere un intervento sull’infrastrutturazione complessiva sia stradale, ferroviaria, aeroportuale, portuale oltreché di servizi, da quelli materiali come dotazione idrica, dotazione energetica, capacità di smaltimento di rifiuti, ma anche servizi sanitari, per rendere accogliente complessivamente la realtà di cui stiamo parlando”. Serve “una vera accelerazione dei processi, in modo non solo da incoraggiare i nostri imprenditori a nuovi investimenti nel settore, ma anche ad attrarre capitali dall’esterno dell’area”, spiega Busetta. Da qui l’idea di una “Zes turistica” che prevedrebbe di dedicare spazi di alcune centinaia di ettari, vicini alla costa, ancora liberi, a insediamenti turistici intensivi ma ecocompatibili, nei quali invitare a localizzarsi le grandi catene internazionali alberghiere. “Un’opzione”, spiega Busetta, “potrebbe essere quella delle aree industriali dismesse per recuperarle. Dovrebbero essere due o tre per ciascuna regione del Mezzogiorno a secondo delle possibilità. In ogni ZES turistica 50 strutture da 400 posti letto, più o meno. per un totale di ventimila posti letto”.

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Antonio Giordano