La casa green fa bene all’ambiente e anche al portafoglio. Nell’ultimo anno, complici le aspettative sul calo dei tassi di interesse e le offerte lanciate da alcune banche per cavalcare l’onda della direttiva Ue sull’efficientamento energetico degli immobili, il costo dei mutui per abitazioni di Classe A e B ha segnato una forte contrazione. Secondo […]
Lo ha detto Antonello Montante deponendo davanti la Corte d’appello di Caltanissetta in cui è imputato, con altre quattro persone, per associazione finalizzata alla corruzione e accesso abusivo nel sistema informatico. L’ex leader di Confindustria Sicilia, condannato in primo grado a 14 anni per associazione finalizzata alla corruzione e acceso abusivo al sistema informatico, ha risposto alle domande dei suoi difensori, gli avvocati Carlo Taormina e Giuseppe Panepinto nell’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta.
Montante ha raccontato anche dei suoi primi passi nel mondo degli industriali quando, socio in una società di ammortizzatori, divenne presidente dei giovani imprenditori.
“Nel processo scaturito dall’operazione Colpo di Grazia nel quale era imputato anche Di Francesco (imprenditore poi indagato per concorso esterno in associazione mafiosa ndr) – ha detto – fui io a fare costituire Alfonso Cicero, allora presidente dell’Irsap, come parte civile”. E sempre nei confronti di Cicero, uno dei testi dell’accusa, insieme a Marco Venturi, ha sostenuto: “Quando lui cominciò a corteggiarmi io già da tempo avevo avviato la stagione della legalità”.
Alla domanda dei giornalisti sul bilancio di questi due giorni ha risposto: «Un fallimento totale. Non è una battuta, è un termine che si usa nelle società». Poi ha aggiunto: «Bisognerebbe cercarle le istituzioni che hanno fatto questo percorso con me. Non mi sento tradito». L’interrogatorio proseguirà per altre quattro udienze: 18 giugno, 6, 9 e 10 luglio.
«La storia di Antonello Montante parla da sola: 12 anni sono trascorsi in maniera lineare e limpida». Lo ha detto l’avvocato dell’ex leader di Confindustria Sicilia, Carlo Taormina, al termine dell’udienza di oggi del processo sul «Sistema Montante», che si svolge a porte chiuse con rito abbreviato dinanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta. «L’ultima tappa – continua Taormina – è stata quella dell’Agenzia dei beni confiscati alla mafia dove era stato nominato componente in coincidenza con l’uscita dell’articolo in cui era stato indicato come possibile presidente (nel pezzo si diceva che Montante era indagato per mafia ndr)». «Non penso si tratti di una coincidenza – ha aggiunto Taormina – c’era uno schema di don Ciotti sulle modalità di gestione dei beni confiscati nell’ambito dell’agricoltura. Ciotti e Montante ne avevano parlato e Ciotti aveva invogliato Montante a diventare componente dell’Agenzia».
Sempre sui beni confiscati Taormina ha aggiunto: «Si tratta della gestione di patrimoni incredibili e quindi le convergenze degli interessi sono facilmenti immaginabili. Ci sono aspetti relativi alla gestione in ambito giudiziario cui la vicenda Saguto (la giudice condannata per corruzione ndr) credo l’abbia detta lunga per molto tempo. Ci sono delle sacche di corruttela che tutti conosciamo in quel settore».