La casa green fa bene all’ambiente e anche al portafoglio. Nell’ultimo anno, complici le aspettative sul calo dei tassi di interesse e le offerte lanciate da alcune banche per cavalcare l’onda della direttiva Ue sull’efficientamento energetico degli immobili, il costo dei mutui per abitazioni di Classe A e B ha segnato una forte contrazione. Secondo […]
PALERMO (ITALPRESS) – Sedici persone sono state arrestate a Palermo in una operazione congiunta di Polizia e carabinieri su delega della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia. Sono accusati di associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata del metodo mafioso.
Si tratta di una vasta operazione che giunge al termine di due anni di indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, che hanno riguardato il mandamento mafioso di Brancaccio e Ciaculli sulla scia delle operazioni “Maredolce” 1 “Maredolce” 2 e “Sperone” concluse tra il 2017 e il 2019.
Sono stati individuati capi e gregari delle famiglie mafiose della Roccella e di Brancaccio e ricostruite le loro responsabilità in ordine a più di 50 episodi estorsivi in danno di quasi altrettanti operatori economici.
Le investigazioni della Polizia di Stato hanno restituito il quadro di una porzione di territorio fortemente condizionata dalla presenza di cosa nostra, dove gli stessi imprenditori o commercianti, prima di avviare le loro attività, avvertono la necessità di “essere autorizzati” dal referente mafioso della zona.
Le vicende di pizzo documentate, hanno riguardato supermercati, autodemolitori, macellerie, bar, discoteche, farmacie, panifici, imprese di costruzione, rivendite di auto ed altri ancora per un totale di quasi 50 episodi ricostruiti, e quasi altrettanti esercenti, a fronte di nessuna denuncia pervenuta alle forza dell’ordine.
In alcuni casi, i commercianti si sono preoccupati di non figurare nel “libro mastro” delle estorsioni o di offrire all’estortore un escamotage per eludere eventuali controlli di polizia.
Perfino durante l’emergenza epidemiologica, i pochi negozianti rimasti aperti, peraltro con volumi da affari assolutamente esigui, sono stati costretti a versare “l’obolo” mafioso.