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Ponte sullo Stretto: Corte dei Conti contesta violazioni alle direttive UE su ambiente e appalti

Il progetto del Ponte sullo Stretto, rilanciato dal governo nel 2023 e approvato a sorpresa dal CIPESS con delibera 41/2025 per un costo complessivo di circa 13,5 miliardi di euro, si è infranto contro il “veto” della Corte dei Conti: la magistratura contabile ha negato il visto di legittimità all’intero provvedimento, ponendo sotto accusa l’intero iter per presunte violazioni di due direttive fondamentali dell’Unione Europea.

Le constatazioni non si limitano a mere obiezioni procedurali, ma riguardano aspetti ambientali, economici e giuridici strutturali dell’intero progetto: gli errori sono, secondo i giudici contabili, troppo gravi per essere ignorati. Di fatto, oggi la realizzazione del Ponte è bloccata — almeno finché non si tornerà a un percorso pienamente legittimo.

? Le contestazioni centrali della Corte dei Conti

Violazione della Direttiva Habitat 92/43/CEE (tutela Natura 2000)

  • Il progetto era arrivato dopo una valutazione di incidenza ambientale negativa da parte della procedura VIA/VAS. Per superarla, il governo ha invocato la cosiddetta procedura “IROPI” (Imperative Reasons of Overriding Public Interest), che consente deroghe solo in circostanze eccezionali.
  • Secondo la Corte, però, la documentazione a supporto non è convincente. La relazione IROPI, approvata dal Consiglio dei Ministri ad aprile 2025, è stata definita priva di una istruttoria tecnica autonoma, senza firme né data, e priva di analisi credibile sulle alternative progettuali. Non risulta documentata una concreta valutazione delle soluzioni meno impattanti sull’ambiente.
  • Ancora più grave: la Corte contesta che le “motivazioni pubbliche di interesse pubblico” addotte — accessibilità, integrazione territoriale, sviluppo economico — non costituiscono ragioni sufficienti per bypassare la protezione dei siti protetti: secondo la normativa UE, le deroghe possono essere concesse solo per motivi legati a salute pubblica, sicurezza o protezione ambientale di primaria importanza, non per finalità infrastrutturali ordinarie.

Violazione della Direttiva Appalti 2014/24/UE — riattivazione contratti senza nuova gara

  • Il progetto prevedeva originariamente un finanziamento misto pubblico-privato (capitale della società concessionaria + finanza di mercato). Con la rinnovata approvazione, invece, si sarebbe fatto ricorso esclusivo a fondi pubblici, modificando in modo strutturale la natura economica dell’opera.
  • Nonostante questo cambiamento — che avrebbe potuto aprire il mercato a nuovi soggetti interessati — lo Stato si è limitato a “riattivare” i contratti già esistenti con il general contractor e altri affidatari, senza indire una nuova gara. La Corte denuncia che questo comportamento viola l’art. 72 della Direttiva Appalti, che impone di indire nuovi appalti quando le condizioni economiche cambiano in modo sostanziale.

Incertezze economico-finanziarie e trasparenza insufficiente

  • I costi sono stimati in 13,5 miliardi, ma la Corte evidenzia che gli incrementi dei prezzi precedentemente calcolati — da 97 a 206 milioni in alcuni segmenti — non sono adeguatamente giustificati. Mancano motivazioni credibili per spiegare tali aumenti.
  • Mancano, inoltre, pareri essenziali richiesti dalla legge: l’assenza del parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sul progetto definitivo e la mancanza del parere del Autorità di Regolazione dei Trasporti sul piano tariffario, come invece previsto per la sostenibilità economica dell’opera.

? Conseguenze immediate: stop all’opera e attesa delle motivazioni

  • La Corte dei Conti non ha ammesso al “visto” il terzo atto aggiuntivo della convenzione tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) e la società concessionaria Stretto di Messina S.p.A., prescrivendo che le motivazioni del rifiuto vengano depositate entro 30 giorni.
  • Senza questo visto, non può essere registrata la delibera del CIPESS, quindi il progetto non può entrare in vigore, restano sospesi affidamenti, impegni di spesa e l’avvio dei cantieri.
  • Il governo — e in particolare il ministro delle Infrastrutture — ha già dichiarato che “gli esperti sono al lavoro per chiarire tutto” e resta “fiducioso” sulla ripresa dell’iter. Ma il documento ufficiale della Corte rappresenta un serio ostacolo: si cambia molto di più di qualche virgola tecnica.

? La posta in gioco per la Sicilia (e non solo)

Per la Sicilia, l’opera è presentata da tempo come una grande occasione: collegare l’isola con la terraferma, potenziare commercio, turismo, logistica; un’infrastruttura “strategica” per lo sviluppo del Sud.

Ma lo stop imposto dalla Corte porta alla luce interrogativi fondamentali:

  • quanto è solido — sul piano tecnico, ambientale ed economico — un progetto che si regge su deroghe eccezionali e assegnazioni dirette di contratti da miliardi?
  • chi sarà disposto a partecipare a una nuova gara dopo l’interruzione e dopo che le regole sono state ritenute violate?
  • quanto peseranno sul bilancio dello Stato (e quindi su quello del Sud) eventuali ulteriori ritardi, rifacimenti di studi o nuovi affidamenti?

Se la Sicilia ha bisogno di infrastrutture, l’alternativa non può essere un “mostro giuridico e contabile”: richiede trasparenza, sostenibilità e seria progettazione.

? Che succede adesso: scenari possibili

  • Il governo può decidere di ritirare il progetto così com’è e ripresentarlo da capo, con una procedura rispettosa della normativa europea sulle valutazioni ambientali e una nuova gara d’appalto.
  • Oppure può tentare la via politica, cercando di modificare le regole o di forzare un nuovo passaggio — il che però rischia di produrre contenziosi lunghi e nuovi conti da giustificare.
  • In alternativa, si potrebbe aprire un ragionamento serio su soluzioni alternative per collegare la Sicilia al continente — meno invasive, meno costose, e più compatibili con le esigenze ambientali e finanziarie attuali.

L’intervento della Corte dei Conti non è un semplice “rinvio”: è un segnale chiaro che, in un’Italia che spesso scommette su grandi opere, non basta l’ambizione. Servono regole rispettate, trasparenza, rigore tecnico e pareri credibili. Se il Ponte sullo Stretto vuole ancora avere un futuro, il dibattito non potrà più essere solo politico: dovrà essere tecnico, economico e serissimo.

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