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Maxi sequestro nel settore ittico a Gela: 50 milioni sottratti alla mafia dei Rinzivillo

Un colpo durissimo al patrimonio illecito della mafia gelese è stato inferto dalla Guardia di Finanza di Caltanissetta, che ha dato esecuzione a un maxi sequestro preventivo di beni per circa 50 milioni, su provvedimento del Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione, su proposta della Direzione distrettuale antimafia nissena. L’operazione, frutto di anni di indagini patrimoniali approfondite, ha coinvolto 45 soggetti e ha interessato un vasto impero economico radicato nel settore ittico e attivo tra Sicilia e Marocco.

Il profilo dell’indagato: Emanuele Catania, uomo di fiducia dei Rinzivillo

Il principale destinatario del provvedimento è Emanuele Catania, imprenditore di Gela, storicamente attivo nella pesca e nel commercio di prodotti ittici anche a livello internazionale. Catania è stato riconosciuto come uomo di fiducia della famiglia mafiosa dei Rinzivillo, potente articolazione di Cosa Nostra operante a Gela, e già condannato in via definitiva per associazione mafiosa.

Già dagli anni Novanta – secondo quanto accertato dalle sentenze della Corte d’Appello di Caltanissetta e della Cassazione – Catania avrebbe fornito supporto operativo e logistico all’organizzazione, facilitando il reinvestimento dei proventi illeciti nel tessuto economico legale attraverso attività del settore ittico. Avrebbe beneficiato della protezione mafiosa e operato in condizioni di vantaggio, grazie alla capacità intimidatoria della cosca, in grado di falsare le regole della concorrenza.

Un reticolo societario opaco e transnazionale

Il sequestro ha interessato oltre 40 immobili, veicoli, conti correnti, quote societarie, unità navali (pescherecci e imbarcazioni da diporto) e interi compendi aziendali, molti dei quali formalmente intestati a soggetti terzi, in particolare al fratello Antonino “Nino” Catania, non condannato ma ritenuto “terzo interessato”.

Una delle direttrici privilegiate dell’espansione economica era il Marocco, dove Emanuele Catania aveva assunto il controllo della società “Gastronomia Napoletana”, con sede nel paese nordafricano. La società, secondo le indagini, rappresentava una delle teste di ponte dell’infiltrazione mafiosa nel commercio internazionale del pesce, in una strategia ben pianificata dai vertici dei Rinzivillo per estendere il controllo oltre i confini nazionali.

Indagini patrimoniali e ricostruzione degli investimenti

La Guardia di Finanza ha ricostruito minuziosamente le disparità tra i redditi ufficiali e l’incremento patrimoniale, evidenziando come, tra il 1998 e il 2007, la capacità reddituale dei nuclei familiari coinvolti fosse del tutto incongrua rispetto agli investimenti effettuati. Le somme impiegate, non supportate da fonti lecite, sono state ritenute di origine ignota, e dunque verosimilmente frutto di attività criminali.

Un apporto determinante è arrivato dal Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Palermo, che ha permesso il sequestro delle imbarcazioni direttamente riconducibili ai Catania.

Mafia e monopolio del mercato ittico

Le indagini hanno confermato una dinamica inquietante: il settore ittico siciliano era, in larga parte, sotto il controllo mafioso. Le forniture di pesce erano imposte dalle cosche, che di fatto monopolizzavano il mercato. Numerose testimonianze di collaboratori di giustizia, già dagli anni ’80, hanno descritto i rapporti tra Emanuele Catania e l’organizzazione criminale come fondati su reciproci vantaggi e obblighi illeciti.

La sentenza definitiva della Corte di Cassazione del 10 luglio 2023 ha chiuso il cerchio, condannando Catania a 6 anni e 8 mesi di reclusione come partecipe dell’associazione mafiosa guidata dai fratelli Rinzivillo.

Obiettivo: togliere risorse alla mafia

Il sequestro, che rappresenta solo la fase preliminare in vista della richiesta di confisca definitiva, mira a sottrarre risorse economiche alla criminalità organizzata, colpendone il potere finanziario e la capacità di infiltrarsi nel mercato legale. Un’azione di contrasto strutturale – sottolinea la Guardia di Finanza – che si inserisce nella più ampia strategia di disarticolazione delle reti economiche mafiose, a tutela della legalità e della concorrenza.

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