La casa green fa bene all’ambiente e anche al portafoglio. Nell’ultimo anno, complici le aspettative sul calo dei tassi di interesse e le offerte lanciate da alcune banche per cavalcare l’onda della direttiva Ue sull’efficientamento energetico degli immobili, il costo dei mutui per abitazioni di Classe A e B ha segnato una forte contrazione. Secondo […]
Le eccellenze dell’agroalimentare Made in Italy sono state messe a dura prova dalla crisi pandemica e oggi è fondamentale programmare nuove strategie per cogliere le opportunità che consentano una ripartenza veloce. Per questo UniCredit ha lanciato “The Italian Way”, una roadmap virtuale per riflettere con gli stakeholders e gli esperti sui nuovi scenari economici prospettati dal Covid.
Oggi a Palermo si è parlato dell’Agrifood italiano ed è stato presentato un focus sugli effetti della pandemia sul settore e sulle nuove opportunità da cogliere per la ripartenza.
“Con il ciclo di incontri The Italian Way di UniCredit – ha commentato Lucio Izzi, Head of Corporate Sales & Marketing di UniCredit – cogliamo l’occasione per una riflessione approfondita sulle strategie di rilancio dei settori di eccellenza del Made in Italy. Per la ripartenza del settore agroalimentare riteniamo che sia indispensabile sostenere le filiere, la crescita e l’innovazione. UniCredit conferma, anche con questa iniziativa, il proprio impegno per sostenere le famiglie e le imprese in questa fase di emergenza legata alla pandemia del Covid-19”.
L’agroalimentare italiano
Lo studio UniCredit, basato su dati Istat, evidenzia come l’agroalimentare contribuisce al Pil italiano per il 4,2%; ha svolto un ruolo di primaria importanza nei mesi del lockdown, ma non è immune dal contagio.
Il settore Food&Beverage è il settore anticiclico per eccellenza e negli ultimi dodici anni ha rafforzato la resilienza al ciclo cambiando il modello di business. Nel nuovo modello di business l’export è diventato il motore di crescita. Tuttavia, nonostante la maggiore apertura internazionale, i mercati di sbocco del F&B rimangono molto concentrati: i primi quattro mercati di sbocco (Germania, Stati Uniti, Francia e Regno Unito) raggiungono il 48% del totale dell’export.
Il fatturato del F&B è pari a 145 miliardi, diviso tra export (25%), ristorazione e turismo (21%), spesa famiglie (54%).
Gli elementi per valutare l’impatto economico del Covid-19 sono: la durata della pandemia, la sua ricorrenza (una volta o più volte), il tasso di mortalità, le misure di contenimento non sanitarie (la distanza sociale, le limitazioni produttive e commerciali), l’entità delle misure di stimolo all’economia in Italia e nel mondo, i comportamenti sociali (le variazioni nelle abitudini di spesa, lavoro e divertimento).
Federalimentare stima una contrazione del mercato interno del 18%, per le difficoltà del canale ho.re.ca. e la minore capacità di spesa delle famiglie, quest’ultima causata dall’aumento della disoccupazione, dalla diminuzione del potere d’acquisto e dalla ridefinizione delle priorità personali. La pandemia ha anche generato una crisi simmetrica nei nostri principali mercati di sbocco e le esportazioni sono a rischio di un netta diminuzione: Federalimentare la stima intorno al 15%. Nel 2019 i top 10 settori esportatori del F&B sono stati: vini di uva (18%), pasta e altri farinacei (12%), lavorazione ortofrutta (10%), latte e latticini (10%), prodotti a base carne (9%), cacao e confetteria (6%), oli e grassi (5%), te e caffè (4%), pasti e piatti preparati (4%), liquori e altri alcolici (3%).
E’ previsto un calo del fatturato medio del 3-6% nel 2020, con una ripresa nel 2021. L’estate sarà determinante per la buona tenuta, con una forte necessità di recupero dell’ho.re.c.a.
Gli impatti della pandemia sono molto differenziati tra i settori del F&B. A maggiore rischio saranno i settori più orientati all’export e/o più legati al canale ho.re.ca. Saranno meno soggette a forti perdite le imprese con un ampio portafoglio di mercati di sbocco, più canali di vendita, prodotti differenziati nella tipologia e nei segmenti di prezzo.
Negli anni 2014-2018 la trasformazione del modello di business ha selezionato le imprese più solide e il settore ha migliorato l’efficienza di gestione. Alla vigilia del virus la liquidità strutturale era soddisfacente; tuttavia il buffer di liquidità può non essere sufficiente ad evitare tensioni finanziarie, soprattutto nelle imprese più piccole e meno strutturate.
Per la ripartenza le strategie di breve-medio periodo nel mondo post Covid-19 sono: il sostegno alla filiera (garantire il rispetto dei tempi di pagamento dei fornitori lungo la filiera e iniziative di sostegno all’ho.re.ca.); supply-chain di “prossimità” (costruire e rafforzare catene di valore di prossimità e focus sul territorio); la diversificazione (mercati di sbocco/canali di vendita); l’innovazione (capacità di innovare modelli di produzione e di organizzazione e investimenti in nuove tecnologie, quali sicurezza, sostenibilità ed efficienza).