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Burocrazia e impresa, denuncia per blocco al restauro del Faro Capo Mulini

Mentre il progetto “Valore Paese – Fari”, destinato al recupero di edifici costieri di proprietà dello Stato, va avanti con successo espletando la sua quarta edizione, il faro di Capo Mulini rimane ancora “spento” a causa della burocrazia, che oggi pesa come un macigno sul project financing messo a punto dalla società siciliana che due anni e mezzo fa si è aggiudicata la gara (bando 2016).
«Abbiamo ottenuto l’affidamento in concessione tramite il bando di “Difesa Servizi spa” – denuncia l’imprenditore Giovanni Di Bella, amministratore ITM, società di scopo che dovrebbe realizzare il progetto – per i lavori di riqualificazione, valorizzazione e promozione di questo “gioiello del mare” dismesso e abbandonato da oltre cinquant’anni. Il bando nazionale, attraverso la creazione di attività turistiche, ricettive, ristorative e ricreative, mira a dare nuova vita alle costruzioni che si stagliano lungo le coste: “lanterne” che per anni hanno guidato popoli di navigatori, che sono un concentrato di architettura, storia e cultura. Il nostro business plan prevede la creazione di un piccolo hotel di charme, che non solo metterà a reddito l’area di proprietà del Demanio, ma attiverà un indotto occupazionale con ricadute su tutto il territorio».

Il faro di Capo Mulini – con una concessione in uso fino a dicembre 2034 – per mano d’investimenti privati vedrà da un lato il restauro conservativo, dall’altro, la ristrutturazione del corpo di fabbrica che ospitava gli alloggi dei custodi dove verranno ubicate sette suite, spazi di accoglienza e servizi comuni, con un progetto innovativo sotto il profilo della sostenibilità ambientale.

«Abbiamo espletato tutte le procedure, ma ad oggi – dopo due anni e mezzo e un investimento di oltre 100mila euro tra progettazione e assicurazione – non possiamo perfezionare la pratica di concessione, firmare il contratto con “Difesa Servizi” e cominciare i lavori, a causa dell’autorizzazione mancante sull’unica strada che consentirebbe l’accesso alla struttura e che non era inserita, erroneamente, nel bando. Abbiamo fatto decine di istanze, inviato e-mail e sollecitato spiegazioni – continua Di Bella, che gestisce anche il lido “Il Faro” adiacente alla struttura – ma senza alcun riscontro. Capofaro, a Salina, così come tantissimi beni messi a bando nello stesso lotto, sono già aperti e messi a reddito, mentre noi continuiamo a vedere depotenziato l’investimento, in considerazione del fatto che i fari sono “in affitto” a scadenza e che ogni giorno che passa per noi rappresenta una perdita economica. Il loro utilizzo, infatti, è l’unico modo per avere un ritorno sullo sforzo imprenditoriale e sulla rifunzionalizzazione dell’edificio che vedrà la spesa di oltre 1,5 milioni di euro».

L’ennesimo tentativo di fare impresa in una terra come la Sicilia «non può sfumare a causa di un cavillo burocratico – continua Di Bella – per questo vogliamo denunciare a gran voce l’accaduto, affinché possa riaccendersi l’interesse con l’obiettivo di portare a compimento un progetto che metterà questo incantevole faro a disposizione della comunità e creerà nuovi posti di lavoro. Un luogo che non è soltanto nostro, ma di tutti coloro che amano il territorio».

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