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Le Case di Comunità, cuore della riforma territoriale prevista dal PNRR per rivoluzionare l’assistenza sanitaria italiana, rischiano di rimanere “scatole vuote”. A denunciarlo non è un’opposizione ideologica né una battaglia sindacale di retroguardia, ma una delle più accreditate voci della medicina generale: la SIMG, Società Italiana di Medicina Generale, che ha riunito oltre 300 medici siciliani e non solo al 20° congresso regionale a Siracusa. Il verdetto emerso è netto: così concepite, le Case di Comunità sono destinate al fallimento.
Le premesse disattese del PNRR
Secondo i piani del Governo, in Italia avrebbero dovuto nascere oltre 1.300 Case di Comunità per colmare il divario tra medicina territoriale e cure specialistiche. Oggi, a metà 2025, sono operative appena 38 strutture. A sottolinearlo con tono allarmato è stato Alessandro Rossi, presidente nazionale SIMG, durante un intervento molto atteso: «La proposta di trasformare i medici di medicina generale (MMG) in dipendenti statali per riempire le Case di Comunità ha creato sconcerto. Si tratta di strutture prive di personale, strumenti, funzioni chiare. Un contenitore senza contenuti».
La diagnosi dei medici: cronica carenza di personale
A complicare la situazione è la grave carenza di MMG in molte aree del Paese: mancano all’appello circa 5.500 professionisti. A livello nazionale il rapporto è di 1.374 pazienti per medico, ma in Sicilia la situazione, almeno nei numeri, sembra meno grave: 1.161 pazienti per MMG, secondo quanto riferito dal presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli. Tuttavia, il dato va letto con attenzione: l’81% dei medici di famiglia siciliani ha oltre 27 anni di servizio. Il ricambio generazionale è ormai un’urgenza, ma servono anche nuove forme di sostegno operativo, come personale infermieristico e amministrativo.
L’Italia che invecchia e il ruolo insostituibile del medico di famiglia
«Oggi abbiamo oltre 14 milioni e 200mila cittadini con più di 65 anni, e la tendenza è destinata a crescere», ha ricordato il presidente emerito della SIMG Claudio Cricelli. Pazienti fragili, con patologie croniche, spesso isolati o con difficoltà motorie. «Serve un medico vicino, che conosca la persona e la sua storia. Non possiamo pensare che queste esigenze vengano assorbite da strutture distanti e spersonalizzate».
La critica è anche di natura geografica: «Una Casa di Comunità ogni 200-300 km non serve a nulla in un Paese come il nostro», ha detto il presidente Enpam Alberto Oliveti, evocando l’inefficacia di un modello centralizzato in territori morfologicamente complessi.
Il rischio di distruggere la medicina di prossimità
Per Giacomo Caudo, presidente nazionale FIMMG, il rischio è minare i pilastri della medicina generale: fiducia, prossimità e territorialità. Valori che oggi permettono al MMG di seguire la cronicità, prevenire ospedalizzazioni, razionalizzare l’uso delle risorse. «La relazione fiduciaria è tempo di cura – ha ricordato Oliveti – è tempo clinico, evita esami e costi inutili».
Dietro l’illusione del potenziamento: tagli reali
Luigi Galvano, consigliere della Giunta esecutiva nazionale SIMG, ha infine evidenziato un dato poco discusso nel dibattito pubblico: dal 2022 al 2025 il Fondo Sanitario Nazionale è cresciuto nominalmente di oltre 10 miliardi di euro, ma l’inflazione (+8,1% nel 2022, +5,7% nel 2023) ne ha eroso completamente il valore reale. Peggio ancora: l’incidenza del Fondo sul PIL è scesa dal 6,3% al 6,1%, con un taglio effettivo pari a 13,2 miliardi.
Un libro bianco per salvare la medicina territoriale
Di fronte a questo scenario, la SIMG ha annunciato la redazione di un “libro bianco” contenente dati, proposte e linee guida per il futuro della medicina di base. L’obiettivo è chiaro: riportare la voce dei medici ai tavoli istituzionali, costruire una sanità realmente vicina ai cittadini e non una riforma sulla carta.
Conclusione: promesse disattese e un futuro da (ri)costruire
Le Case di Comunità rischiano di diventare il simbolo di una riforma nata con buone intenzioni ma tradita dall’assenza di personale, visione e investimenti reali. I medici di famiglia – quelli che ogni giorno entrano nelle vite delle persone – chiedono ascolto e rispetto. Non per difendere una categoria, ma per salvare un modello di sanità che, con tutte le sue imperfezioni, resta ancora oggi il più prossimo e umano.