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Caso Diciotti: ecco perché Salvini rischia 15 anni di carcere

Domenica il ministro dell’Interno Matteo Salvini era a Sant’Egidio alla Vibrata (Te), in Abruzzo, per le imminenti elezioni regionali. In quell’occasione ha dichiarato che lui “rischia sino a 15 anni di carcere perché ha bloccato lo sbarco di 177 clandestini”.
Il riferimento è al caso della nave “Diciotti” e ai suoi strascichi giudiziari, tornata di attualità negli ultimi giorni perché il Tribunale dei ministri di Catania ha chiesto al Senato l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini. L’affermazione di Salvini è imprecisa per almeno due motivi.
Salvini, quanto lamenta il rischio di essere condannato a 15 anni per aver bloccato lo sbarco di 177 “clandestini”, un’affermazione scorretta per almeno due ragioni.
Primo, non si trattava di 177 immigrati irregolari: molti di loro erano persone che avevano con ogni probabilità il diritto all’asilo, se guardiamo ai precedenti della loro nazionalità (in prevalenza eritrea).
Secondo, e più importante: non è aver bloccato per qualche giorno lo sbarco il motivo per cui Salvini rischia il processo. Il motivo è che quella condotta è stata attuata in modo illegittimo. Aver trattenuto a bordo 177 persone di cui si aveva la responsabilità giuridica, alcune delle quali probabilmente aventi diritto alla protezione internazionale, col motivo principale – secondo l’accusa – di usarle come “leva” nei confronti degli altri Stati europei perché si facessero carico della loro accoglienza, e non ad esempio per motivi legati alla sicurezza dello Stato o per altri motivi legittimi, potrebbe secondo i giudici costituire il reato di sequestro di persona aggravato.

La storia della Diciotti

Nella notte tra il 14 e il 15 agosto 2018 la nave della Guardia costiera italiana “Diciotti” salvò 190 migranti nella zona Sar (Search and Rescue) maltese. Per cinque giorni la nave rimase al largo di Lampedusa, mentre Salvini polemizzava con Malta e altri Paesi europei circa la distribuzione dei naufraghi e minacciava un respingimento verso la Libia (che, come avevamo allora scritto, aveva forti dubbi di illegalità).
Furono allora sbarcati d’urgenza solo 13 migranti in gravi condizioni di salute, e dunque a bordo rimasero 177 persone. Il numero che ha citato Salvini nella sua dichiarazione.
Il 20 agosto il ministro dei Trasporti Toninelli indicò quale porto di attracco Catania, ma Salvini negò l’autorizzazione allo sbarco, sempre nel contesto delle polemiche con gli altri Paesi europei perché si facessero carico dell’accoglienza dei migranti salvati. La nave rimase quindi ancorata nel porto con il suo carico umano a bordo. Il 22 agosto sbarcarono 29 minorenni non accompagnati. Gli altri furono fatti sbarcare nella notte tra il 25 e il 26 agosto.

La vicenda giudiziaria

Questa vicenda ha portato il ministro dell’Interno ad essere indagato dalla Procura di Agrigento per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio. L’inchiesta era stata poi divisa in due parti: quella relativa ai fatti avvenuti al largo di Lampedusa era stata affidata alla procura di Palermo; quella relativa ai fatti avvenuti nel porto di Catania era stata invece affidata alla procura di Catania.
Il troncone palermitano si era concluso con la richiesta di archiviazione concorde della Procura e del Tribunale dei ministri, la sezione speciale all’interno del tribunale che si occupa appunto di decidere se far proseguire o meno un processo che veda coinvolto un ministro della Repubblica.
Il troncone catanese invece ha visto, dopo la richiesta di archiviazione della Procura, la richiesta di procedere con le indagini da parte del Tribunale dei ministri. L’accusa, secondo quanto riferito da Salvini stesso su Facebook, sarebbe “sequestro aggravato di persone e di minori”. Un reato punito (art. 605 c.p.), nel massimo, con 15 anni di reclusione, in quanto concorrerebbero le due aggravanti della minore eta’ dei sequestrati e della carica di pubblico ufficiale ricoperta da Salvini.
La questione è quindi passata al Senato, dove ora si attende di sapere se l’Aula – in cui sara’ determinante l’atteggiamento che decidera’ di tenere il M5s – concedera’ o meno l’autorizzazione a procedere. Il M5s sara’ appunto rilevante perché sulla possibilità di farsi processare Salvini ha di recente cambiato idea.

Cosa c’è di sbagliato nelle parole di Salvini

Visti dunque i contorni della vicenda, sia fattuale sia giudiziaria, cosa c’è di sbagliato nella dichiarazione di Salvini?
Primo: non erano 177 “clandestini”. Il termine, nonostante le prese di posizione dello stesso Salvini in passato è privo di base giuridica e sarebbe da evitare nella comunicazione giornalistica e istituzionale. Se anche con questa parola si fossero voluti indicare migranti irregolari, applicarla indiscriminatamente a chi era a bordo della “Diciotti” a fine agosto è un errore.
Dei 177 passeggeri, infatti, secondo quanto scritto dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale in una lettera indirizzata al Viminale, la maggioranza erano eritrei.
Questi sono tra i pochissimi migranti ad avere una percentuale di accoglimento delle loro domande di asilo superiore al 75%. Dunque è molto probabile che tra i 177 migranti presenti a bordo della “Diciotti” quando era ancorata nel porto di Catania ce ne fossero molti che erano dei “veri profughi”, per usare il lessico usato piu’ volte da Salvini, cioé aventi diritto alla protezione internazionale.
Secondo: il sequestro di persona non è bloccare uno sbarco. Anche sulle motivazioni della sua indagine Salvini è, come minimo, molto sbrigativo. Come spiega molto bene la rivista di giurisprudenza Diritto Penale Contemporaneo che riporta i contenuti della richiesta di autorizzazione del Tribunale dei ministri di Catania, i giudici chiedono di procedere contro Salvini non perché abbia bloccato uno sbarco, ma per i dettagli, giuridicamente complessi, della vicenda.
Il punto, semplificando, è che se fino al 19 agosto la scelta di Salvini di impedire lo sbarco era stata legittima, da quel giorno in poi non lo è più stato. L’indicazione di Toninelli alla Guardia costiera del porto di Catania quale approdo, ha di fatto reso l’Italia, in base alle norme di diritto internazionale, ufficialmente e giuridicamente lo “Stato responsabile” della gestione dei migranti a bordo della “Diciotti”.
Il sequestro di persona dunque dipenderebbe dall’aver privato della libertà personale degli individui di cui l’Italia era responsabile, senza che ve ne fosse un giustificato motivo. Nei loro confronti le autorità italiane avevano degli obblighi sanciti dalla Costituzione e dalle leggi, in particolare quello di non violare i loro diritti fondamentali. Tra questi c’è anche quello alla libertà personale, a meno che non vi siano esigenze dimostrabili (ad esempio, un pericolo per la sicurezza dello Stato).
Il ministro dell’Interno invece – almeno secondo l’accusa – avrebbe impedito lo sbarco non per ragioni di sicurezza, comprimendo dunque le liberta’ fondamentali dei migranti per un motivo lecito, ma per ragioni politiche. Voleva infatti fare pressione su altri Stati europei perché si facessero carico dei migranti. Questo tuttavia non è un motivo ammesso dalla legge per privare degli individui della loro libertà personale.
Dunque Salvini non rischia una condanna per aver bloccato uno sbarco punto e basta, ma per averlo fatto in un modo, e in una situazione, in cui la sua condotta è risultata illegittima. (AGI)

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