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Catania, la città dei fondi bloccati: viaggio tra le occasioni mancate

Un fiume di denaro, che dovrebbe cambiare per sempre il volto di Catania e della sua provincia, rischia di arenarsi sulle secche della burocrazia. Sono circa 560 milioni di euro i fondi arrivati o in arrivo – dal PNRR al PON Metro Plus, passando per il Decreto Caivano e il Fondo Aree Urbani Funzionali – che potrebbero riscrivere la storia di quartieri periferici segnati dal degrado, portando case più dignitose, assistenza a chi ne ha più bisogno, servizi educativi ed occasioni di inclusione. Ma il volto della città resta uguale a sé stesso, mentre l’orologio del tempo scorre implacabile verso la scadenza.

Questa mattina, nel cuore antico di Catania, nel Salone Russo di via Crociferi, l’allarme è stato lanciato forte e chiaro da CGIL e SUNIA Sicilia e Catania. Il titolo dell’incontro è già un monito: “Catania, fondi PNRR a rischio perdita: disagio e emergenza casa restano”. Sul tavolo, una verità che pesa come un macigno: nonostante milioni di euro già stanziati, la macchina degli interventi si è inceppata tra ritardi, burocrazia e carenze strutturali.

Un futuro che non parte: il caso delle politiche sociali

Carmelo De Caudo, segretario generale della CGIL etnea, racconta di nove progetti sociali finanziati dal PNRR, per un valore di oltre 7 milioni di euro. Progetti ambiziosi: autonomia per i disabili, alloggi “housing first”, stazioni di posta per senza dimora, servizi agli anziani. Tutto fermo. “Gli immobili sono stati individuati – spiega – ma la ristrutturazione non parte”. Emblematica la storia dell’ex scuola De Caro, a San Giovanni Galermo, destinata agli anziani non autosufficienti: gara aggiudicata, ma i lavori restano una promessa.

Nel frattempo, strutture come la “stazione di posta” funzionano solo in via provvisoria, mentre progetti per l’autonomia dei disabili, il rafforzamento dei servizi domiciliari, il sostegno alla genitorialità fragile e ai minori svantaggiati procedono a rilento. La causa? Sempre la stessa: mancanza di strutture disponibili e tempi burocratici dilatati.

La città sospesa e il rebus degli immobili

Anche sul fronte urbanistico il quadro non migliora. Dei dodici progetti finanziati dal Programma Urbani Integrati (PUI), solo quattro sono partiti. Quartieri come Librino, Monte Po, San Berillo, Corso Sicilia e Piazza Lupo continuano ad attendere. Gli immobili pubblici non ci sono, denuncia lo IACP; eppure, ospedali abbandonati, scuole dismesse e caserme vuote restano inutilizzati, spesso per la mancata collaborazione tra Comune e Regione.

Il tempo che corre e i fondi che rischiano di perdersi

Il PON Metro Plus porta in dote fondi FESR per oltre 225 milioni di euro, da spendere entro il 2030. Qui, la situazione è più complessa: si parla di progetti per i centri diurni per disabili, assistenza domiciliare per persone con demenza e Alzheimer, hub educativi per minori, percorsi di abitare sostenibile. Ma anche qui, mancano dettagli sui tempi e sull’impatto reale. “Non possiamo permetterci di lasciare indietro nessuno – avvertono dal sindacato –. Serve un cronoprogramma chiaro e trasparente, serve monitoraggio, serve responsabilità”.

La voce del sindacato: “Non è il momento di sprecare”

Le voci di Carmelo De Caudo e Rosaria Leonardi risuonano come un appello: “Non possiamo accettare che fondi così importanti vadano sprecati. È necessario sostenere le famiglie, i disabili, gli anziani, chi vive in condizioni di marginalità, e avviare una vera riqualificazione delle periferie”. Non solo: “Il diritto al lavoro sostiene il diritto all’abitare e a un welfare rispettoso di tutti”.

Giusi Milazzo e Agata Palazzolo, del SUNIA, vanno al punto: “Senza immobili, senza progetti pronti, senza personale, tutto rischia di restare lettera morta. E a pagare sono i più fragili”.

Conclusione: la vera emergenza è spendere bene

Catania si trova davanti a un bivio: lasciar scorrere una storica occasione, o pretendere trasparenza, programmazione, coraggio amministrativo. “La vera emergenza – concludono i sindacalisti – non è la mancanza di fondi, ma l’incapacità di spenderli per dare risposte concrete a una città che non può più aspettare”.

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