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Coronavirus, settore abbigliamento a Catania sull’orlo del collasso

“La crisi economica generata dall’emergenza Covid-19 comporterà per il settore dell’abbigliamento conseguenze gravi, inattese ed inevitabili, almeno per tutto il 2020. Con i consumi praticamente fermi, dobbiamo essere pronti ad affrontare i rischi che impatteranno sull’equilibrio finanziario e la continuità produttiva ed occupazionale”. Non usa mezzi termini Claudio Miceli, imprenditore catanese responsabile del settore Moda dell’associazione Confesercenti di Catania. A quasi un mese dalla chiusa forzata delle attività, l’imprenditore, in rappresentanza delle 350 fra medie e piccole imprese e realtà di eccellenza artigianale, lancia alcune proposte rivolte alle Istituzioni, nazionali e locali, ma anche ai partner, per rilanciare il settore.

“Come Confesercenti di Catania – spiega Claudio Miceli – abbiamo elaborato due proposte per essere preparati alla riapertura delle attività che auspichiamo possa avvenire entro fine maggio. Per quella data i negozianti, che guardano con estrema preoccupazione al loro futuro, siano messi nelle condizioni di poter utilizzare due strumenti fondamentali per contrastare la crisi: i saldi straordinari e il contratto di conto vendita. Mentre allo Stato e alla Regione chiediamo di continuare a fare la propria parte, varando misure economiche che permettano maggiore liquidità alle casse”.

Retail: perdite tra il 15% e il 25%

Dall’analisi fatta sul retail italiano, infatti, il comparto è destinato a perdere in un anno tra il 15% ed il 25% mentre verosimilmente si ipotizza una crescita del 20% del mercato “online”, che penalizzerà ulteriormente i negozi fisici, “costretti ad abbassare le saracinesche”.
Le vendite “reali” e non virtuali della primavera/estate 2020 rischiano di avere un calo del 65% e del 40% per l’autunno inverno, con il pericolo concreto che la merce resti in magazzino, le cosiddette rimanenze, cioè milioni di euro completamente fermi: tra 16% ed il 21% per un “top store”, il 40% per “middle store” e per uno “store indipendente” fino al 55%.
Da qui la prima proposta. “Congeliamo la primavera e ripartiamo tra 6 mesi – esordisce Miceli- con una sorta di “saldi straordinari”, almeno fino all’autunno, in modo da arrestare e rallentare il sistema e ottenere una nuova calendarizzazione che riesca a dare a tutti gli addetti al settore il tempo e le risorse per riallinearsi, alle aziende e agli stilisti il giusto periodo per riorganizzare team e filiere e alle aziende il tempo di vendere le enormi rimanenze rimaste”.

Abbigliamento: ormai la stagione è bruciata

Gli esercenti che operano nel settore della vendita di abbigliamento al dettaglio vivono di stagionalità – prosegue Miceli- la chiusura totale dei negozi in un periodo come questo, comporterà la perdita di gran parte della vendita del prodotto primaverile, per no parlare di tutti quei prodotti legati alle cerimonie, che rappresenta senza dubbio il periodo più importante e proficuo dell’intero anno”.
Da qui, la seconda proposta. “Riteniamo fondamentale – aggiunge Miceli – formalizzare un accordo con le aziende con cui lavoriamo, il cosiddetto conto vendita, (contratto estimatorio ex post) che permetterebbe di non obbligare il negoziante al pagamento anticipato della merce ricevuta, ma viceversa di pagare solo quella effettivamente venduta e di restituire i prodotti invenduti”.
Soluzione che riverserebbe vantaggi anche sul consumatore finale, poiché, il calcolo del markup pricing farebbe abbassare il prezzo al dettaglio creando nuovo slancio all’economia martoriata, favorendo la ripresa del commercio. La proposta si intende valida fino alla fine dell’emergenza covid-19. “Per quegli imprenditori che per ragioni di tipicità del loro business non potranno usufruire di questa soluzione- conclude Miceli – vorremmo aprire un tavolo di trattative per negoziare sconti sulla merce ricevuta e non pagata, nell’interesse di tutti”.

La Confesercenti di Catania ha inoltre proposto degli emendamenti sulla conversione in legge del decreto “Cura Italia”, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

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