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Covid: mascherine resteranno anche dopo, c’è nuovo mercato

No, forse le mascherine anti Covid non scompariranno dalle nostre vite ‘travolte’ dai vaccini. Questi dispositivi che abbiamo imparato a indossare, e anche ad odiare, “si stanno dimostrando strategici contro le malattie respiratorie determinate dall’inquinamento, le infezioni che si prendono negli ospedali o le influenze a cui sono così soggetti i pendolari negli affollatissimi treni regionali o nei metrò” e, di fatto, “sta già nascendo una nuova fetta di mercato”. Ad anticipare all’Adnkronos uno scenario inedito ed un nuovo sull’eredità della pandemia è Pier Paolo Zani, amministratore delegato della Bls, l’azienda di Cormano che scese in prima linea nel 2020 perché da 50 anni specializzata nella produzione di mascherine e dispositivi di protezione delle vie respiratorie.

mascherine

“Come il casco e la cintura di sicurezza, dopo l’emergenza Covid-19 le mascherine resteranno nel nostro quotidiano come dispositivi di protezione” perché al netto del cambio culturale che ha prodotto, la pandemia “ha accelerato la maturazione sull’importanza di proteggere le vie respiratorie non solo da virus e batteri, ma anche da inquinanti come smog e pollini” e si sta rivelando una utile compagna “per chi soffre di allergie” osserva il manager.

L’imprenditore sottolinea che l’utilizzo diffuso delle mascherine sta avendo come conseguenza “una netta diminuzione dei rischi legati all’incidenza di altre malattie respiratorie o virali“, soprattutto ” quando si va in ospedale dove molte patologie vengono causate proprio dalla promiscuità”. Del resto, aggiunge, “gli stessi report e dati diffusi ogni settimana dall’Istituto Superiore di Sanità, mostrano come la stagione 2020-2021 sia stata finora caratterizzata dalla quasi totale assenza di virus influenzali sul territorio nazionale, proprio a seguito delle diverse misure di prevenzione adottate per arginare l’emergenza dovuta al Covid-19.

Pm10 e Pm2.5 ‘killer invisibili’, ogni anno solo in Italia causano circa 66 mila morti premature

La mascherina, inoltre, soprattutto nei centri abitati più congestionati dal traffico, “si sta mostrando capace di proteggere dalle particelle di Pm10 e Pm2.5”, i ‘killer invisibili‘ che ogni anno soltanto in Italia causano circa 66 mila morti premature. “Oggi respirare non è più un’azione considerata scontata” scandisce Zani. “Già prima del Covid -riferisce- avevamo impostato un’analisi di mercato sull’uso delle mascherine. Ad esempio quando si entra in un pronto soccorso si rischia e noi già percepiamo dal mondo sanitario un’attenzione al calo di infezioni ospedaliere grazie all’uso delle mascherine”.

“Penso che nessuno oggi voglia immaginare a breve di continuare ad usare le mascherine quando sarà sconfitta la pandemia, ma ci sono così tante persone asmatiche, allergiche o costrette a fare i pendolari che la cultura della tutela della nostra salute sta cambiando” e “vediamo che le persone si stanno sensibilizzando anche sul tema dell’inquinamento: pensiamo solo a chi va a correre tutte le mattine nelle vie delle grandi città” aggiunge.

Insomma, Zani si dice convinto che “l’emergenza sanitaria ci ha fatto scoprire quanto proteggere le vie respiratorie sia essenziale: esattamente come indossare la cintura di sicurezza in auto o il casco quando si va in moto”. Questo cambiamento “lo abbiamo in un certo modo vissuto anche noi in Bls: da azienda ‘di nicchia’, ci siamo ritrovati al centro di un sistema produttivo di beni indispensabili per la tutela della salute delle persone. I nostri prodotti sono sempre stati dedicati prevalentemente all’industria e all’export” ora “l’emergenza ci ha posto di fronte al problema se soddisfare la domanda di clienti consolidati o rivedere la produzione, per far fronte alla domanda interna di ospedali, protezione civile”.

“Fondamentale l’affidabilità del prodotto e evitare altri scandali ma il Mise sta vigilando”

“Rifacendoci alla nostra missione, quella di proteggere le persone e di farlo bene, siamo riusciti -spiega Zani- a trovare un equilibrio, a ridisegnare il processo produttivo, realizzare nuovi investimenti e portare l’azienda alla massima capacità produttiva. Allo stesso tempo è cambiata la concezione della nostra filiera: siamo passati dal prodotto mascherina al dispositivo di protezione delle vie aeree”. Così, “grazie a macchinari progettati e ingegnerizzati internamente e alle sinergie promosse con università e partner di mercato, siamo riusciti a rendere sempre competitiva la nostra produzione, anche rispetto alla Cina, senza aumentare i prezzi delle mascherine e rifornendo ospedali, Rsa e forze dell’ordine”.

Adesso però, incalza Zani, “è fondamentale ribadire la necessità che aziende, istituzioni e Stati mettano al primo posto la qualità dei prodotti: la mascherina è un Dpi a rischio vita, bisogna scegliere prodotti certificati che assicurino qualità, tracciabilità e affidabilità del fornitore” e “il Mise è sceso in campo molto determinato a non ripetere gli scandali della scorsa stagione sulle mascherine taroccate”. Insomma, ricorda infine l’imprenditore, “sono ancora troppo numerosi i casi di mascherine sequestrate in Italia. Stato e aziende devono dotarsi di sistemi di controllo delle performance dei prodotti: indossando mascherine che non garantiscono la protezione si rischia di creare un effetto placebo drammatico e di aumentare il rischio di contagio”.

Per realizzare un Dpi, come le mascherine Ffp2 e Ffp3, l’imprenditore spiega che “sono indispensabili tecnologie, macchinari, controllo del processo produttivo, materiali di qualità che rispondano a due requisiti fondamentali: la filtrazione e la resistenza respiratoria”. Le aziende che producono Dpi, “dovrebbero essere in grado di garantire il controllo di tutto il processo produttivo e rispettare in ogni fase i requisiti previsti dal Regolamento Ue 2016/425 che rappresenta un insieme di ‘regole’ alle quali – avverte infine Zani- le mascherine, i Dpi devono sottostare pena il rigetto della concessione del marchio Ce”.

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