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Festival del Giornalismo Enogastronomico: dai Nebrodi un racconto di identità, gusto e visione

Nel cuore dei Nebrodi si è tenuta, ieri 11 ottobre, la seconda giornata del Festival del Giornalismo Enogastronomico, con al centro una riflessione tra impresa e narrazione, cibo e sviluppo. Un’occasione per riflettere sul valore economico delle filiere produttive, sulla sostenibilità dei territori e sul ruolo strategico del turismo enogastronomico come motore di occupazione e crescita.

Tra panel, testimonianze e momenti di confronto, è emerso un modello di sviluppo integrato che parte dalla terra, valorizza il lavoro e punta sulla cultura d’impresa.

Viabilità e filiere locali: da qui passa il futuro dei territori

La giornata si è aperta con una dimostrazione dal vivo del processo di lavorazione delle olive, dalla frangitura alla gramolatura fino all’estrazione dell’olio d’oliva, grazie a un frantoio dei Premiati Oleifici Barbera, messo in funzione per l’occasione.

A seguire la visita del Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, che ha espresso il suo sostegno all’iniziativa: “Io oggi sono qui proprio volutamente per dare il segno di una presenza istituzionale, politica e personale. Ho tanti amici perché la Sicilia sta vivendo un nuovo momento estremamente positivo, perché il nostro lavoro sta dando i suoi frutti”.

Nel suo intervento, Schifani ha sottolineato l’impegno della Regione per migliorare la viabilità delle aree interne, con investimenti importanti sul ripristino delle strade provinciali, essenziale per facilitare il trasporto dei prodotti locali e valorizzarne la competitività. Ha inoltre ribadito la necessità di difendere i marchi di qualità siciliani a livello europeo e ha parlato di una Sicilia in crescita, con un’economia in ripresa, dati occupazionali positivi e un rating migliorato.

La mattinata si è chiusa con un pranzo a km zero firmato dallo chef Celestino Drago.

Oltre il gusto: quando il cibo diventa motore di sviluppo

Nel pomeriggio, il panel dal titolo “Turismo responsabile, filiere corte, lavoro nella ristorazione, comunicazione”, moderato dal giornalista Antonio Giordano,  ha messo sul tavolo i grandi temi del presente: turismo lento, filiere corte, lavoro nella ristorazione e comunicazione dei territori.

Il panel si è aperto con l’intervento di Rosa Di Stefano, presidente di Federalberghi Palermo, che ha evidenziato come turismo ed enogastronomia siano profondamente intrecciati: il cibo non è solo esperienza sensoriale, ma racconto identitario e motore economico. Con 1,28 miliardi di fatturato in Sicilia e un turista sempre più orientato alla qualità e alla scoperta dei prodotti locali, il food & wine diventa una leva strategica per la destagionalizzazione. “In autunno, quando finisce il balneare, inizia l’enogastronomico”, ha dichiarato, sottolineando il potenziale di un turismo sostenibile capace di trasformare la tradizione in innovazione.

Dalla Strada del Vino di Messina al cioccolato di Modica fino alla mandorla pizzuta di Avola, ogni angolo dell’isola racconta una storia. Per questo, secondo Di Stefano, serve una strategia fondata su qualità, infrastrutture, promozione e formazione continua. “Ogni volta che un turista torna a casa – ha concluso – porta con sé negli occhi la luce della Sicilia, perché questa terra emoziona, accoglie e fa sentire ogni ospite parte di una storia millenaria”.

A seguire è intervenuto l’architetto Luigi Longhitano, che ha illustrato alcuni progetti promossi dal GAL Terre dell’Etna e dell’Alcantara, circa 170 milioni di euro investiti in interventi di valorizzazione del territorio. Tra gli obiettivi principali c’è la creazione di un sistema integrato che unisca i tre grandi “brand” territoriali, Valle dell’Alcantara, Etna e Taormina, in una visione turistica coerente e connessa.

Al centro di questa strategia c’è la ferrovia storica Alcantara–Randazzo, già finanziata fino alle Gole dell’Alcantara e oggi dotata di progettazione definitiva. Randazzo diventerebbe, così, la cerniera tra Nebrodi ed Etna. L’idea è quella di riprendere le antiche connessioni della Valdemone, come la storica trazzera tra Longi e Bronte, già connessa da arabi e normanni, per unire Etna Nord, le strutture sciistiche di Linguaglossa, Taormina e la Valle dell’Alcantara, costruendo così un modello di turismo diffuso, accessibile e sostenibile.

È poi intervenuto Saverio Borgia, fondatore di Bioesserì, che ha raccontato la sua storia di ritorno e impresa. Nato a Piana degli Albanesi, Borgia ha lasciato la Sicilia da giovane aprendo il suo primo ristorante a Milano. Quindici anni fa ha scelto di tornare a Palermo, scommettendo sul potenziale ancora inespresso della sua terra. “Abbiamo tantissimo, ma con tutto questo riusciamo ancora a fare troppo poco”, ha detto. Il suo impegno si traduce in una ristorazione che punta su filiera corta, prodotti locali e valorizzazione dei piccoli produttori. Bioesserì conta oggi sette ristoranti a Palermo: una sfida imprenditoriale che dimostra come credere nella Sicilia possa dare risultati concreti.

Sul valore delle radici ha riflettuto, anche, Pino Drago, chef e imprenditore del ristorante “Degusto”, che ha raccontato il suo percorso fatto di scelte coraggiose e radicate nel territorio. Dalla prima esperienza a Portella Gazzana, centro di ritrovo in un punto strategico di incontro tra Nebrodi ed Etna, Drago ha poi dato vita a “Degusto” a Galati Mamertino, portando avanti una cucina autentica, legata ai sapori genuini della tradizione. A differenza dei suoi fratelli, ha scelto di restare in Sicilia, credendo nel valore della propria terra, nonostante le difficoltà.

Francesco Caravello, ideatore del progetto “Ciboturista”, ha, invece, promosso un’idea di turismo enogastronomico consapevole, capace di raccontare un territorio attraverso i suoi sapori. Per lui, ogni piatto è un racconto, il cibo è cultura, identità e memoria. Oggi, grazie anche a fenomeni televisivi come “Masterchef”, l’enogastronomia è finalmente al centro del racconto turistico. “La Sicilia è fantastica. Dobbiamo essere orgogliosi di una terra che offre tantissimo e che dovremmo imparare a rispettare”.

Nel corso del pomeriggio è stata annunciata la nascita dell’associazione dei giornalisti economici “Angelo Meli”, dedicata al cronista del Giornale di Sicilia scomparso prematuramente. L’iniziativa, presentata da Nino Amadore, punta a promuovere l’informazione economica e lo studio dei fenomeni di sviluppo in Sicilia. Al suo interno nascerà anche un centro studi, diretto dal professore Sebastiano Bavetta, per rafforzare il legame tra giornalismo e ricerca. Tra i fondatori, oltre ad Amadore, ci sono Antonio Giordano, Salvo Ricco, Alfredo Pecoraro, Antonio Mercurio, Eliana Marino, Andrea Cannizzaro, Giuseppe Marinaro e Michele Guccione.

Salvo Li Castri, giornalista e componente del Corecom, ha, infine, illustrato alcune iniziative promosse dal Comitato, tra cui Conciliaweb, la piattaforma che consente ai cittadini di risolvere gratuitamente controversie con operatori di telefonia e fornitori di servizi audiovisivi. Ha inoltre ricordato l’accordo tra Corecom Sicilia e RAI, che prevede uno spazio televisivo gratuito di 5 minuti, in onda ogni mattina alle 7 su RAI 3, destinato a soggetti collettivi, associazioni culturali, partiti, enti locali, sindacati, comunità religiose o linguistiche, per attività di comunicazione e informazione.

“Altrove al Sud o al Sud altrove”: storie di ritorno e di cucina

La giornata si è chiusa con un nuovo Aperilibro, dedicato al volume “Altrove a Sud” dello scrittore e giornalista italo-americano Robert V. Camuto, in dialogo con Nino Amadore e lo chef e imprenditore Celestino Drago, emigrato da Galati Mamertino a Los Angeles, dove ha portato la cucina siciliana d’autore oltre oceano.

“Il cibo e il vino sono strumenti per raccontare storie e territori”, ha detto Camuto, sottolineando come l’Italia e in particolare la Sicilia, abbia costruito una forza culturale proprio attraverso l’emigrazione, la contaminazione e la condivisione. “Il vino da solo non ha senso: è con il cibo che avviene la magia”, ha aggiunto, parlando di alchimia tra sapori, luoghi e persone.

Celestino Drago, dal canto suo, ha portato “altrove” il Sud, diventando un vero ambasciatore della sicilianità nel mondo. “Ci sono gli italiani e poi ci sono gli altri che vogliono diventare italiani”, ha dichiarato Drago con il sorriso stampato sul volto, raccontando il fascino che il made in Sicily esercita ovunque.

Anche per Camuto la Sicilia è un brand potente, fatto di tante cucine, storie e identità, che vanno raccontate con autenticità a partire dalla condivisione a tavola, il cuore della cultura enogastronomica. “Dopo la pandemia, serve tornare all’umanità, alla relazione. Bisogna tornare a tavola insieme come in Sicilia“. La cultura del vino e del cibo, per lui, parte dai giovani e dai luoghi informali come i bar, dove si forma una nuova consapevolezza del gusto: “Se i giovani non trovano vino di qualità nei bar questo diventa un problema”.

Il racconto del Sud, tra partenza e ritorno, è stato accompagnato da una degustazione curata dall’enologo Antonio Campisi, che ha chiuso il cerchio tra parola, gusto e territorio.

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