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Fiscalità di sviluppo: opportunità reale o illusione per le imprese siciliane?

L’approvazione della norma di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria apre, sulla carta, una nuova stagione per il sistema produttivo siciliano. La Regione potrà infatti, per la prima volta, modificare le aliquote di tributi statali, introdurre esenzioni fiscali selettive, e attivare contributi e compensazioni per le imprese. Ma quali effetti concreti potrebbe avere questa nuova leva fiscale sul tessuto imprenditoriale dell’Isola?

Tessuto produttivo debole e frastagliato

Il punto di partenza è un contesto economico ancora fragile. La Sicilia registra una densità di imprese inferiore alla media nazionale, un alto tasso di microimprese a bassa capitalizzazione e un gap significativo in termini di produttività e digitalizzazione. Inoltre, molti comparti chiave – dall’agroalimentare al turismo – scontano limiti strutturali legati alla logistica, alla burocrazia e all’accesso al credito.

In questo quadro, la possibilità di ridurre o azzerare alcune imposte potrebbe rappresentare una leva importante per migliorare la competitività, attrarre investimenti e ridare slancio alle filiere locali. Ma solo a patto che gli strumenti siano mirati, stabili e ben coordinati con le politiche nazionali ed europee.

Quali misure potrebbero fare la differenza

Tra le ipotesi al vaglio dell’assessorato all’Economia figurano:

  • Riduzioni IRAP e IRES per le imprese che investono in Sicilia, con priorità per i settori innovativi e a basso impatto ambientale;
  • Esenzioni per le nuove imprese nei primi anni di attività, soprattutto nelle aree interne e marginali;
  • Contributi in compensazione fiscale per l’assunzione di personale locale o per progetti di formazione;
  • Agevolazioni per start-up e PMI innovative che operano in filiere strategiche (energia, digitale, agroindustria);
  • Incentivi fiscali per il reshoring di imprese italiane e straniere che localizzano parte della produzione nell’Isola.

Misure di questo tipo potrebbero, in teoria, abbattere il costo del lavoro e quello fiscale, migliorare il cash flow aziendale e creare un clima più favorevole all’investimento. Tuttavia, senza un quadro normativo stabile e un’amministrazione regionale efficiente, rischiano di diventare interventi spot, privi di continuità e difficili da pianificare per gli imprenditori.

La sfida dell’attrattività: serve un ecosistema, non solo agevolazioni

Diversi osservatori sottolineano come la leva fiscale, da sola, non basti a invertire la tendenza. La vera sfida per le imprese è trovare un contesto in cui infrastrutture, legalità, capitale umano e servizi funzionino. L’attrattività territoriale dipende quindi anche da:

  • tempi certi nelle autorizzazioni e negli appalti;
  • rete logistica efficiente (porti, aeroporti, interporti, trasporti interni);
  • ecosistemi territoriali con competenze e servizi qualificati;
  • giustizia amministrativa più rapida e prevedibile;
  • politiche industriali coordinate a livello nazionale ed europeo.

Un sistema fiscale favorevole può diventare un catalizzatore, ma solo se inserito in una strategia più ampia di sviluppo territoriale. Altrimenti rischia di tradursi in un vantaggio temporaneo per pochi operatori già strutturati.

Il nodo dei controlli e della capacità amministrativa

C’è poi una questione di governance. La Regione Siciliana, storicamente, ha mostrato forti limiti nella capacità di attuazione delle politiche pubbliche: fondi non spesi, bandi poco accessibili, sovrapposizione di competenze. Una fiscalità di sviluppo realmente efficace richiederà:

  • monitoraggio continuo degli effetti delle agevolazioni;
  • interfaccia snella tra imprese e pubblica amministrazione;
  • digitalizzazione dei processi di accesso e controllo fiscale;
  • capacità di adattare gli strumenti alle esigenze di mercato.

Senza questi correttivi, l’autonomia fiscale rischia di rimanere una conquista formale più che sostanziale.

Conclusione: un’opportunità condizionata

La fiscalità di sviluppo rappresenta un’opportunità senza precedenti per il sistema produttivo siciliano, ma è tutt’altro che una soluzione automatica ai problemi strutturali dell’Isola. Per tradursi in risultati concreti – più imprese, più investimenti, più occupazione – servirà un cambio di passo nella gestione amministrativa, una regia strategica delle politiche fiscali e industriali, e una visione di lungo periodo.

In assenza di questi elementi, la leva fiscale rischia di trasformarsi in un esperimento disorganico, capace di attrarre interessi opportunistici più che creare un ecosistema d’impresa solido, duraturo e competitivo.

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