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Congresso Uil, l’allarme: “La Sicilia, una regione che rischia di schiantarsi”

Fa sorridere. Certo che fa sorridere Salvo Piparo quando tira le parole di un palermitano stretto per raccontare come eravamo e cosa è stata Palermo felicissima. Una capitale ricca di arti, mestieri e uomini orgogliosi del loro lavoro. E cosa è invece oggi questa Palermo che felicissima certo non può chiamarsi in cui l’arte di arrangiarsi e la prepotenza di chi non conosce legge ( i parcheggiatori) spesso sono l’unica via d’uscita per un certo tipo di proletariato. Immalinconisce la cantata catanese di Luigi Di Pino che racconta del dramma di Marcinelle, di quei poveri cristi solfatari siciliani inghiottiti dalla miniera del Belgio e di donne sole, vedove tristi, bambini senza padri. Due volti della Sicilia (Palermo e Catania), due volti del lavoro sulla scena del cinema De Seta ai Cantieri culturali alla Zisa. Si apre così il XII congresso regionale della Uil Sicilia che tornerà a incoronare Claudio Barone segretario: con parole che vanno dritte al senso delle cose, alla concretezza di una regione che certo diventerà bellissima ma oggi, ancora, possiamo dire infelicissima per un disagio che la società liquida in cui viviamo non riesce per nulla a placare. Perché è arrivato il tempo della concretezza, del fare, del pensare al domani con una prospettiva diversa. Come sembra voler dire Barone nella sua relazione: 16 pagine fitte di spunti che sembrano essere il cahier de doleance di una regione tramortita ma non ancora defunta, vittima di carnefici che spesso sono gli stessi chiamati e pagati per risolvere problemi. “La Finanziaria è stata approvata, ma è un dato di fatto che l’attuale Governo Musumeci non ha una maggioranza. Alcune norme sono condivisibili, ma è stato inquietante il mercato, il suk degli emendamenti per acquisire il consenso dei parlamentari” dice Barone a margine del congresso all’agenzia di stampa Italpress – Si rischia che anche nei prossimi passaggi d’aula si replichi il copione. Per evitarlo, serve avviare una grande stagione di concertazione. Cgil, Cisl e Uil, unitariamente, possono dare un contributo per definire le riforme, insieme al Governo, alle forze parlamentari e alle altre parti sociali. Avviamo questa concertazione senza ostracismo nei confronti di nessuno ed evitando inutili assemblee pletoriche”. Il sindacato insomma offre una sponda al governatore, con la coscienza che occorre agire. E subito.

Siamo su una barca a vela che si dirige velocemente contro gli scogli, spiega il vicepresidente della Regione Gaetano Armao che aggiunge: “Senza riforme la Sicilia muore, rischiamo che l’agonia diventi uno stato permanente. Siamo come una barca a vela che va verso scogli. L’unica salvezza è fare una strambata e, per farla, ci vuole l’impegno di tutti, cittadini e forze politiche. L’invito è quindi a fare massa critica, a fare sistema”.
Fare sistema, già. Ed è il mantra del presidente di Sicindustria Giuseppe Catanzaro che lo ripete ormai da tempo e forse lo dirà ancora anche giovedì agli imprenditori riuniti per l’asseblea annuale dell’associazione: “L’obiettivo è includere. Imprese e lavoratori sono le due facce di una stessa medaglia – dice Catanzaro dal palco del congresso Uil – . Far crescere le prime significa tutelare i secondi. La prima radicale inversione da fare è orientare la cassa dei fondi comunitari verso la crescita. Solo così sarà possibile avere più occupati, più lavoro, più benessere. La prima questione che in Sicilia va affrontata con urgenza, ancor prima del problema infrastrutture, è la necessità di rendere le imprese competitive, e per farlo è necessario un uso strategico dei fondi comunitari. Non vorremmo, per assurdo, che si continui in un modello a tutti noto: negli anni, a fronte di tre cicli di programmazione comunitaria e con ben trenta miliardi di investimenti, non abbiamo avuto un significativo incremento dell’occupazione. E’ quindi necessaria la capacità di usare le risorse pubbliche per fare valore aggiunto e non per distribuire risorse a pioggia”.
Armao, dal canto suo, non si lascia certo andare al pessimismo della ragione. Ha il dovere dell’ottimismo un professionista che ha messo da parte la professione per dedicarsi alla politica e al governo di una regione difficile come la Sicilia che lui difende dalle accuse di sprechi che ormai sono diventate una costante in tutti i media: “Se prendiamo il dato elaborato dalla Commissione per il Federalismo, presieduta dall’onorevole Giorgetti (leghista ndr), si legge che in termini di spesa pubblica complessiva, le regioni speciali del Nord sono ben oltre la media: hanno uno stock di risorse di cui beneficiano i cittadini di gran lunga più elevate. Le altre regioni ordinarie sono tutte nella media, insieme alla Sardegna. La Sicilia, invece, è al di sotto della media del 16 per cento. Significa che noi subiamo un furto annuale del 16 per cento di risorse, che sono orientate verso altre parti del Paese. Siamo in condizioni di minorità imposte da scelte sbagliate del passato. Dobbiamo rinegoziare queste condizioni con il confronto con i sindacati, confronto che fa parte della cultura del Governo regionale”.
E poi aggiunge: “Ci accingiamo a esaminare il ‘collegato’ alla Finanziaria che prevede l’accorpamento tra l’Ircac e la Crias ma non tocchera’ minimamente il credito agevolato. Chi continua a dire che, attraverso questa concentrazione, si arriva a chissa’ quale ‘balcanizzazione’ del sistema del credito agevolato in Sicilia, dice il falso. E’ vero il contrario. Abbiamo introdotto forme di controgaranzia dei confidi, per accompagnare l’impresa verso la banca. E’ impensabile che ci facciamo la banca siciliana e torniamo a fare banca come si faceva negli anni 70. Oggi contiamo poco in Europa. L’unico modo per fare arrivare l’impresa al credito bancario è sostenerla con le garanzie, con un sistema di consorzi fidi, credibili e solvibili”.

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