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Reggio Calabria e Messina, twin cities dello Stretto poco integrate tra loro

“Reggio Calabria e Messina costituiscono un esempio particolarmente interessante di twin cities, per diverse ragioni. Innanzitutto, si tratta di un caso, se non unico, abbastanza raro e anomalo dal punto di vista della geografia fisica, per il fatto di essere divise dal mare, ma a brevissima distanza l’una dall’altra. Sono casi alquanto rari, tolti i pochissimi menzionati sopra, come Helsinki e Tallinn (che però non sono caratterizzati da forte prossimità geografica)”. Comincia così l’articolo di Dario Musolino e Luigi Pellegrino che sarà pubblicato nei prossimi giorni sulla Rivista Economica del Mezzogiorno diretta da Riccardo Padovani e pubblicata dalla SVIMEZ. Titolo del pezzo: “Le twin-cities dello Stretto e la prospettiva dell’area integrata”, in riferimento al caso di Reggio Calabria e Messina: twin cities fortemente complementari ma scarsamente integrate.

“I soli comuni di Reggio Calabria, Villa San Giovanni e Messina insieme ospitano circa 430.000 abitanti, formando così, sulla carta, il terzo comune più grande del Sud Italia in termini di popolazione, dopo Napoli e Palermo. Considerando le rispettive province, si raggiungerebbe una popolazione di circa 1,2 milioni di abitanti. In termini produttivi, poi, va rilevato che, secondo i dati dell’ultimo Censimento, nelle province di Reggio Calabria e Messina al 2011 operavano quasi 68.000 aziende manifatturiere e di servizi, che impiegavano circa 167.000 persone, ovvero circa il 18% del totale delle imprese manifatturiere e terziarie calabresi e siciliane e circa il 17% del totale degli addetti delle due regioni.

.Si tratta quindi di realtà urbane, o meglio metropolitane, di un certo rilievo, per cui un processo di effettiva integrazione potrebbe avere significativi effetti sulle gerarche territoriali macro-regionali e nazionali.

Si tratta tuttavia di un caso embrionale di twin cities, essendo il livello di interazione – e integrazione – alquanto limitato, sia sul piano istituzionale che su quello funzionale. Per quanto gli ultimi anni abbiano visto iniziative interessanti, come vedremo più avanti, e la storia, anche antica, delle due città abbia registrato fasi di grande cooperazione, se non di piena unione tra le due sponde dello Stretto.

La scarsa integrazione funzionale e istituzionale

La scarsa integrazione funzionale, ovvero lo scarso livello di interazioni tra le due aree, è rilevabile esaminando i flussi pendolari, la tipologia di flussi tipicamente utilizzato per misurare il livello e l’intensità delle interazioni tra città gemelle  In base ai più recenti dati sugli spostamenti pendolari giornalieri attraverso lo Stretto, ammontano a meno di 5.000. La quota di pendolari giornalieri che attraversano lo Stretto di Messina, in rapporto al totale dei pendolari nelle due province di Reggio Calabria e Messina, risulta inoltre estremamente bassa.

È interessante poi notare che la rilevanza dei flussi pendolari in attraversamento è diminuita negli ultimi decenni, sia in termini assoluti che in percentuale. Dal 1991 al 2011 il numero di pendolari tra le province di Reggio e Messina si è ridotto di circa il 45%, mentre la loro incidenza sul totale dei pendolari nelle due  In base a elaborazioni degli Autori su dati ISTAT è diminuito dall’1,7% all’1%. Il traffico passeggeri che

complessivamente attraversa lo Stretto di Messina, principalmente costituito da movimenti non pendolari (per esempio, per turismo) con origine e/o destinazione al di fuori del le due aree metropolitane.

Elementi che evidenziano la scarsa integrazione funzionale sono individuabili anche nelle relazioni di natura produttiva e, in particolare, nella struttura proprietaria delle aziende.  Ad esempio, se osserviamo i casi di proprietà e controllo incrociato delle imprese tra le due sponde dello Stretto, emerge che sono estremamente bassi. Le imprese controllate situate nei comuni di Reggio Calabria e Villa San Giovanni, di proprietà di società con sede nel comune di Messina, rappresentano l’1,4% di tutte le società controllate di proprietà di imprese con sede a Messina. Mentre, nella direzione opposta, la percentuale è dello 0,8%. Ciò appare piuttosto inaspettato e insolito, considerando la forte prossimità dei due sistemi economici urbani e le loro dimensioni.

La crescente povertà di interazioni tra le due sponde, in fatto di movimenti pendolari e di relazioni economico-produttive, va letta anche alla luce della mancanza di sinergie e coordinamento nello sviluppo delle grandi funzioni urbane osservabile negli ultimi decenni. Si pensi, per esempio, ai settori della sanità, dell’alta formazione, della cultura e dei trasporti, i quali sono stati gestiti e sviluppati in modo indipendente nelle due città. Questo ha generato inutili duplicazioni, a scapito dell’efficienza complessiva dei rispettivi sistemi.

Il caso delle due principali Università è indicativo. L’Università Mediterranea di Reggio Calabria è stata fondata nel 1968, notevolmente più tardi rispetto all’antica Università di Messina (fondata nel XVI secolo), ma è cresciuta nel tempo arrivando all’iFlussi pendolari casa-lavoro e casa-studio nell’area dello Stretto di Messina (province di Reggio Calabria e Messina) (valori assoluti e relativi;

Flussi in attraversamento dello Stretto 8.812 4.885 –44,6%. Flussi tra i comuni di Reggio C. e Messina  4.441 2.678 –39,7%. Flussi totali nell’area dello Stretto  515.128 497.280 –3,5%. All’inizio degli anni 2000 ad immatricolare più di 8.000 studenti (rispetto ai 28.000 di Messina) e raggiungendo risultati di eccellenza nella ricerca. Tuttavia, invece di svilupparsi in ambiti disciplinari non coperti da Messina, seguendo una strategia di sviluppo sinergico e complementare, ha aggiunto corsi come Giurisprudenza ed Economia, già presenti, con una consolidata tradizione, all’Università di Messina. Una tradizione e un prestigio talmente forti, da essere prima di allora l’Università preferita dagli studenti reggini, che in gran numero vi si iscrivono, e quindi quotidianamente si spostavano dall’altro lato dello Stretto.

Ma è soprattutto in relazione ai trasporti, la funzione più importante nella logica dell’integrazione, come abbiamo visto prima, che va letta la scarsità di relazioni tra le due sponde. Studi sull’Area , hanno evidenziato innanzitutto come iservizi marittimi per l’attraversamento dello Stretto soffrano di una capacità complessivamente insufficiente rispetto alla domanda potenziale, di frequenze ridotte, di assenza di collegamenti notturni (aspetto, quest’ultimo, rilevante rispetto alla cosiddetta night economy, settore importante nelle grandi aree urbane). Si consideri che mentre il traffico di attraversamento merci è frequente e include anche servizi notturni, al contrario, i servizi di trasporto passeggeri che collegano i due centri città (il porto di Reggio Calabria e il porto di Messina) rappresentano solo il 13% delle corse totali di attraversamento effettuate tra i vari porti dell’Area dello Stretto.

.Esiste poi scarsa integrazione modale, fisica e tariffaria tra i sistemi di trasporto delle due aree urbane e i servizi di attraversamento, tra i servizi di trasporto pubblico locale (TPL) dei principali comuni che si affacciano sullo Stretto e all’interno stesso dei rispettivi sistemi di trasporto urbani e metropolitani. Quasi tutte le linee di trasporto pubblico su strada infatti collegano, ciascuna di esse, aree all’interno delle due province. Queste carenze, insieme ad altre sottolineate nel medesimo studio, concorrono a spiegare la scarsa mobilità tra le due aree urbane dal lato dell’offerta. Insieme alla non integrazione funzionale, l’Area dello Stretto è caratterizzata anche dalla non integrazione istituzionale. Tra le due Regioni esiste infatti un «muro istituzionale», rappresentato dalla differente origine dei due Governi regionali. La Sicilia è una Regione a Statuto speciale, istituita nel 1946, mentre la Calabria è una Regione a Statuto ordinario, istituita nel 1970. Anche la costituzione delle rispettive Città metropolitane risente del diverso assetto istituzionale e normativo: la riforma degli Enti locali (legge n. 56/2014) ha istituito, nelle Regioni ordinarie, le Città metropolitane mentre, nelle Regioni a Statuto speciale tale istituzione è prerogativa regionale. Questa differenziazione, che trova riscontro nella loro diversa autonomia rispetto al Governo centrale, comporta una forte «incomunicabilità» istituzionale ed amministrativa tra le due aree.

Tuttavia, recentemente, si sono registrare una serie di iniziative politico-istituzionali, a livello di Governi comunali e regionali, mirate ad una cooperazione tra le due aree urbane, seppur solo in alcuni settori:

– il 24 marzo 2014, la legge regionale siciliana n. 8 sancisce che, per consentire ai residenti nell’Area dello Stretto di usufruire dei servizi secondo criteri di prossimità, si favorisce la stipula di appositi accordi tra lo Stato, le due Regioni e le due Città metropolitane interessate. – nell’aprile 2015 i Comuni di Reggio Calabria e Messina firmano l’Accordo di collaborazione per la tutela e la valorizzazione dell’Area dello Stretto, con l’obiettivo di presentare domanda congiunta per includere l’Area tra i siti patrimonio mondiale dell’UNESCO. sempre nel 2015, la Regione Calabria costituisce la Conferenza permanente interregionale per il coordinamento delle politiche nell’Area dello Stretto. Una condizione che plausibilmente viene anche esacerbata dal deficit in fatto di «qualità istituzionale», che caratterizza l’Italia, e in particolare il Mezzogiorno, come rilevato nel par. 2. 6 Si veda, in particolare, l’art. 14 della legge della stessa, recante la Promozione di accordi con lo Stato, la Regione Calabria e la Città metropolitana di Reggio Calabria..

 Per quanto, ad oggi, la procedura di richiesta non sia stata completata, e quindi non presentata.  il 31 dicembre 2015, la Regione Calabria prevede poi l’istituzione di servizi di trasporto pubblico locale nell’Area dello Stretto e getta le basi per la futura creazione del «Bacino Interregionale dello Stretto» – il 29 maggio 2017, i Sindaci di Reggio Calabria e Messina sottoscrivono un protocollo d’intesa sulla mobilità e l’integrazione dei servizi, prevedendo vari passaggi tra cui la definizione di un bacino ottimale dello Stretto per lo svolgimento dei servizi a rete e l’istituzione del corrispondente Ente di governo. due anni dopo, nell’aprile 2019, sulla base del protocollo d’intesa di cui sopra, i due Governi regionali e le due Città metropolitane, insieme alla Conferenza permanente interregionale per il coordinamento delle politiche nell’Area dello Stretto, stipulano l’accordo11 per l’istituzione dell’Area integrata dello Stretto, con l’obiettivo di individuare i confini dell’Area integrata, e creare un Ente comune per gestire l’intero processo (Ente però ad oggi non ancora costituito);  il 23 luglio 2019, si giunge a una prima forma di integrazione tariffaria del TPL in vista della creazione del Bacino Interregionale dello Stretto, con l’introduzione del biglietto unico per viaggiare sui mezzi pubblici di ATM (Messina) e ATAM (Reggio Calabria). Si tratta di iniziative che evidentemente segnano una svolta, quanto meno dal punto di vista dell’impegno strettamente politico-amministrativo, dopo diversi decenni di inazione. E, tuttavia, ad oggi solo l’ultima iniziativa presenta un effettivo avanzamento nel processo di integrazione.

Se si considera che Reggio Calabria e Messina negli ultimi decenni hanno registrato un declino e una progressiva marginalizzazione nella geografia economica del Paese, reale e percepita, allora si può immaginare che la costruzione dell’Area integrata possa rappresentare quella grande opzione strategica, quella innovazione «di rottura» nell’assetto istituzionale e funzionale dell’area, da cui può scaturire nuovo dinamismo e avviarsi nuovo sviluppo. Un’opportunità che, insieme ad altre misure in via di attivazione (si pensi, per esempio alla ZES di Gioia Tauro), potrebbe riconsegnare all’Area dello Stretto quella centralità economica e politica vissuta in altre epoche storiche.

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