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Sicilia: lavoro nero in aumento, in quattro anni 9 mila abusivi in più

Oltre la metà delle imprese artigiane rischia di essere vittime di abusivismo. Nei settori maggiormente esposti alla concorrenza sleale del sommerso a fine 2017 sono 43.648 le imprese artigiane a rischio in Sicilia, pari al 58,8% dell’artigianato. L’artigianato esposto all’abusivismo rappresenta una quota più alta nel territorio di Ragusa (63,3%), Messina (62,6%) e Siracusa (61,6%).

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In Sicilia in 4 anni, dal 2012 al 2015, sono diminuiti di 50 mila unità i posti di lavoro regolari e sono saliti di 9 mila quelli irregolari. Sull’Isola, inoltre, il meta-settore del Sommerso (somma degli occupati non regolari di tutti i settori) è il secondo settore dell’economia della regione dopo i Servizi.
L’abusivismo rappresenta una grave minaccia per le imprese regolari e in particolare per quelle operanti nell’artigianato. Nella regione si contano 313 mila unità di lavoro non regolari, il 20,6% del totale occupazione, con 1 occupato non regolare ogni 3,8 regolari. A livello settoriale si conta il numero più alto di lavoratori non regolari nei Servizi (231 mila irregolari pari al 73,7% del totale), in particolare servizi alla persona, ristorazione e trasporto.
Il tasso di irregolarità del 20,6%, in salita dal 2012 di 1,1 punti, è maggiore di 1,3 punti rispetto al tasso del Mezzogiorno (19,3%) e di 7,1 punti rispetto al tasso medio nazionale (13,5%). Tra i settori non agricoli è quello delle Costruzioni a registrare il peso più elevato degli occupati irregolari sul totale occupazione (23,3%). Settore che in 4 anni (2012-2015) ha perso 18 mila occupati.
“Novemila lavoratori abusivi in più è un numero che non può lasciarci indifferenti – dice Giuseppe Pezzati, presidente regionale di Confartigianato Imprese Sicilia – ed è ancora più preoccupante il dato delle imprese artigiane a rischio di abusivismo, quasi il 60%. È un’emorragia inarrestabile Si parla del ‘malato lavoro’ e occorre agire in fretta se non vogliamo perdere gli antichi mestieri. Confartigianato è sempre più vicina alle esigenze delle imprese ma non basta. Occorre sburocratizzare metodi e sistemi. A molte imprese, a troppe forse, oggi, viene più comodo pensare di guadagnare attraverso il sommerso quando invece la giusta strada è quella di guadagnare nel rispetto regole. Ma è anche vero – aggiunge il presidente – che ci sono pressioni che le aziende non possono sostenere, la pressione fiscale e il costo del lavoro. In Italia occorre ridurre le tasse in busta paga, il 48% è una percentuale inaccettabile quando invece la media europea è del 35%. Una emersione genera lavoro pulito e onesto”.

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CONTRAFFAZIONE

Nei settori esposti alla contraffazione, invece, si registra una forte concorrenza sleale su un mercato in cui operano nella regione 1.599 imprese artigiane, pari all’8,3% dell’artigianato manifatturiero. La provincia con la maggiore quota di imprese artigiane manifatturiere operanti nei settori esposti alla contraffazione sono Palermo (11,2%), Siracusa (9,7%) e Messina (9,4%).
Sulla base dei dati relativi alla contraffazione, in Sicilia in nove anni, dal 2008 al 2017, si sono registrati 8.116 sequestri per un totale di 20 milioni di pezzi contraffatti sequestrati, per un valore complessivo stimato di 131,6 milioni di euro. L’indicatore che rapporta il valore dei beni sequestrati nei 9 anni esaminati e il valore aggiunto manifatturiero è pari al 3,1%, superiore al valore medio nazionale del 2,2%.
Sul territorio i valori più elevati dei sequestri in relazione al valore aggiunto manifatturiero si registrano in provincia di Catania (9,1%), di Palermo (3,4%) e di Messina (0,7%).

“Un’economia sana – interviene il presidente Pezzati – va tutelata con i dovuti controlli. I sequestri, come dimostrano i dati, vengono fatti ma sicuramente non bastano ad interrompere il fenomeno della contraffazione. Va bene fare le leggi, ma occorre anche avere risorse per tracciare la regolarità della produzione. Occorre pensare anche a controlli informatici, sfruttare l’innovazione per effettuare verifiche, controlli e tracciabilità. Non possiamo solo basarci sulle risorse umane”.

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