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Società partecipate: allarme della Cisl sul personale

Scadrà tra una settimana, giovedì 30, il termine entro il quale le società partecipate da pubbliche amministrazioni, in Sicilia come altrove, dovranno aver completato la revisione degli organici per rilevare gli eventuali esuberi di personale. Il report con la disamina dovrà essere inviato alla Corte dei conti per un verso, agli uffici competenti della Regione, per un altro. A mettere sul chi vive forze sociali e istituzioni, “a cominciare dall’Anci e dal neo-presidente della Regione Nello Musumeci”, la Cisl Sicilia che ricorda che “la novità è arrivata col recente testo unico delle società a partecipazione pubblica”, il decreto legislativo 175/2016, nell’ambito della cosiddetta riforma Madia della pubblica amministrazione. È un vincolo, sottolinea il sindacato, ma “potrebbe tradursi in opportunità se solo si cogliesse l’occasione per una riorganizzazione che combinasse utilità sociale, convenienza economica e sostenibilità finanziaria senza però ignorare l’impatto sul mondo del lavoro e sulla società”. Per questo, afferma il segretario generale regionale Mimmo Milazzo, “c’è bisogno di partire al più presto con un dialogo sociale franco e aperto tra sindacati, Regione ed enti locali”. Tato più che quasi il 40% del totale delle società partecipate (345), per la precisione 145, risulta inattivo o in rosso con un rischio occupazione che incombe direttamente su 4500 addetti.

Scenari inusuali con scadenze-mannaia. Ma ad aprire “scenari inusuali e non proprio rassicuranti, a cominciare dal fronte dei precari”, sono altre due scadenze richiamate dalla Cisl, che al futuro delle Partecipate ha dedicato un focus, a Palermo, con la partecipazione del segretario confederale Andrea Cuccello; di Nicola Tonveronachi, ceo del Centro studi enti locali di San Miniato, Pisa; e di Riccardo Compagnino, esperto di contabilità pubblica e consulente del sindacato. Le due scadenze-mannaia che pesano sul microcosmo delle Partecipate, sono quelle del 30 settembre entro il quale gli enti locali avrebbero dovuto chiudere il bilancio consolidato e realizzare la cosiddetta revisione straordinaria delle partecipazioni. Due adempimenti, sottolinea la Cisl, imposti anch’essi dal decreto legislativo 175. Che rimandano a una sorta di rivoluzione copernicana del rapporto tra pubblica amministrazione e società. E che risultano fin qui ignorati da buona parte degli enti pubblici dell’Isola.

Bilancio consolidato e revisione straordinaria. Quanto al bilancio consolidato, che obbliga le istituzioni locali a comportarsi come holding con un unico bilancio di gruppo, certificato, “quest’anno – spiega Tonveronachi – è stato previsto in via straordinaria per i Comuni sopra i cinquemila abitanti. Dal 2018 sarà obbligatorio per tutti, piccoli Comuni compresi”. E anche il monitoraggio delle partecipazioni, per verificare quali dismettere e quali no, “quest’anno è stato disposto in via straordinaria entro settembre, dal 2018 sarà obbligatorio entro ogni 31 dicembre”.

Comuni inadempienti e allarme precari. Ora, denuncia la Cisl, il punto è che le pubbliche amministrazioni che non hanno ancora approvato il consolidato come richiesto dalla riforma, “non potranno stabilizzare i precari che impiegano”. Un rischio che allarma così come quello legato alla revisione degli organici. E la preoccupazione monta tanto più in quanto “gli unici dati al momento noti – segnala Milazzo – sono quelli di fonte Anci secondo cui in Sicilia, finora, 184 Comuni non hanno deliberato il preventivo 2017-2019 e ben 264 non hanno neppure varato il consuntivo 2016”. “Ma se manca il consuntivo – si chiede il sindacato – come si fa a fare un consolidato?”. Come dire che il tema dei precari, stando così le cose, non può neanche essere messo all’ordine del giorno.

L’ombra di mille incognite. Insomma, sulla finanza pubblica dell’Isola si addensa l’ombra di mille incognite. Oltretutto perché, con le parole di Compagnino, “la Sicilia è la regione che dal 2012 al 2016 ha subito il taglio più cospicuo di trasferimenti finanziari dallo Stato”. È anche per questo che il Pil, in quegli anni, è crollato del 14 per cento. Risorse sottratte al circuito dell’economia come quelle relative all’Irpef: 30 miliardi 538 milioni che lo Stato non ha versato nelle casse della Sicilia nel decennio 2003-2014. Così, è per evitare l’ulteriore avvitamento che sarebbe ora il caso, sottolinea l’esperto, che il governo nuovo di zecca “sollecitasse i Comuni ad ottemperare alle disposizioni di legge”.

Lavoratori al centro. Nello scenario che si apre, per la Cisl il tema al centro di ogni cosa sarà comunque “il destino dei lavoratori”. “Presteremo la massima attenzione – ripete Cuccello – anche perché l’articolo 28 del decreto 175 impedisce la mobilità di eventuali lavoratori in esubero, tra Partecipate”. E questo per il sindacato è motivo di grande preoccupazione. I lavoratori non possono essere l’ultima delle priorità. Né “la cenerentola che paga per tutti”.

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