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Mafie, Centro Pio La Torre: sono in declino ma in trasformazione

“Dal 1987 al 2016 si è assistito ad un declino delle tradizionali organizzazioni criminali italiane testimoniato dal netto calo del numero dei carcerati per reati di associazione mafiosa”. Così il professor Ernesto Savona descrive il processo in atto nelle organizzazioni mafiose italiane nel corso della conferenza sulla “Globalizzazione delle mafie” nell’ambito del Progetto educativo antimafia promosso dal Centro Studi Pio La Torre. L’incontro è stato moderato da Franco Garufi, economista.

“Il declino – ha continuato Savona – non va interpretato non come una già definitiva sconfitta ma come una trasformazione lenta e faticosa di forme criminali che stanno diventando più infiltrate nell’economia legittima e frammentate in piccole organizzazioni rivali tra di loro. Il declino è stato favorito dall’impatto delle leggi approvate, meno per la ndrangheta che rimane quella che ha salvato molto del suo patrimonio culturale andando soprattutto all’estero globalizzandosi”.

Per approfondire leggi Il Mutamento, davvero le mafie hanno cambiato pelle?

Oggi, ha sottolineato ancora Savona, “la presenza delle mafie italiane si concentra nelle destinazioni tradizionali dell’emigrazione italiana (Germania, Nord America, Svizzera, Belgio, Australia) e negli snodi fondamentali dei principali traffici illeciti (Spagna e Paesi Bassi). La ‘Ndrangheta è l’organizzazione maggiormente proiettata all’estero. La Camorra resta più concentrata in Europa occidentale, mentre Cosa nostra è presente anche nelle Americhe. Più limitata e circoscritta la presenza all’estero della criminalità organizzata pugliese. Spagna, Germania e Paesi Bassi rappresentano sia importanti hub per l’importazione delle droghe (provenienti per lo più da Colombia e Albania) sia piazze per il riciclaggio dei proventi illeciti e l’infiltrazione nell’economia legale (insieme a Svizzera, San Marino, Regno Unito e Nord America)”.

Per Pietro Raffa – direttore filiale di Palermo Banca d’Italia, “dare dimensione a economia illegale non è semplice. Il dato cui si può fare riferimento è la stima dell’ISTAT che nel 2016 riteneva l’1% del PIL il valore dell’economia illegale. Un altro dato è la quantità di moneta un circolazione. Le organizzazioni criminali hanno necessità di immettere e riciclare denaro e dunque utilizzano molto il contante. Il 10% del PIL tra il 2005 e 2008 ha fatto riferimento alle attività criminali”.

Orazio D’Amico, ispettore di vigilanza bancaria, ha sottolineato come “la ‘sensibilità’ da parte delle banche nella segnalazione di attività sospette sia cresciuta nel corso degli ultimi anni da 49.000 nel 2011 alle oltre centomila del 2016”.

La prossima conferenza si terrà venerdì 15 febbraio sul tema: “Migrazioni del XXI secolo: l’Italia e l’Europa tra disuguaglianza, accoglienza e integrazione” (relatori: Prof. Maurizio Ambrosini – sociologo UNIMI, Fausto Melluso – ARCI Migranti, Prof. Fulvio Vassallo Paleologo – UNIPA- ; Modera Lidia Tilotta – giornalista RAI Sicilia).

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