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Commercio, Istat: calano vendite ma cresce e-commerce (+50,2%)

  • In crescita per l’Istat le vendite dei beni alimentari (+1,0% in valore e in volume) calano altri settori come le calzature (-45%). Secondo la Banca d’Italia oltre 2000 Pmi pronte a quotarsi in Borsa

Rispetto a novembre 2019, il valore delle vendite al dettaglio diminuisce sia per la grande distribuzione (-8,3%) sia per le imprese operanti su piccole superfici (-12,5%). Lo rileva l’Istat precisando che le vendite al di fuori dei negozi calano del 14,3% mentre il commercio elettronico è in forte aumento (+50,2%).

Nel dettaglio, viene segnalata la marcata diminuzione registrata nel comparto dei beni non alimentari che ha investito sia la grande distribuzione (-25,7%) sia, in misura inferiore, le imprese operanti su piccole superfici (-16,9%).

 A novembre 2020 si stima, per le vendite al dettaglio, un calo rispetto a ottobre del 6,9% in valore e del 7,4% in volume. In crescita le vendite dei beni alimentari (+1,0% in valore e in volume) mentre le vendite dei beni non alimentari diminuiscono sia in valore sia in volume (rispettivamente del 13,2% e del 13,5%). Lo comunica l’Istat. Su base tendenziale, a novembre, le vendite al dettaglio diminuiscono dell’8,1% in valore e dell’8,4% in volume. A pesare, le vendite dei beni non alimentari, in deciso calo (-15,1% in valore e in volume), mentre le vendite dei beni alimentari sono in aumento (+2,2% in valore e +0,7% in volume). L’Istat osserva che a novembre scorso la diminuzione delle vendite al dettaglio sia rispetto al mese precedente sia su base annua “è determinato dal comparto dei beni non alimentari, settore fortemente colpito dall’applicazione delle nuove misure di chiusura legate all’emergenza sanitaria”.   Nel trimestre settembre-novembre 2020, le vendite al dettaglio registrano un aumento congiunturale dello 0,5% in valore e dell’1,5% in volume. Crescono le vendite dei beni alimentari (+2,0% in valore e in volume) mentre quelle dei beni non alimentari calano in valore (-0,6%) e aumentano in volume (+1,1%).  Per quanto riguarda i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali negative per quasi tutti i gruppi di prodotti ad eccezione di Dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni, telefonia (+28,7%) e Utensileria per la casa e ferramenta (+2,0%). Le flessioni più marcate si evidenziano, invece, per calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-45,8%) e abbigliamento e pellicceria (-37,7%). 

E arriva l’allarme di Confcomercio: “Il nuovo e profondo acuirsi della crisi rende più concreto il rischio di una depauperazione del sistema imprenditoriale, con molte aziende che, in presenza di un prolungato vuoto di domanda a cui non corrispondono sostegni adeguati, sono già uscite o usciranno dal mercato. Per le piccole imprese di alcuni settori come l’abbigliamento e le calzature, i danni inflitti dalla pandemia si sono trasformati in disastri a causa dello spostamento della domanda verso il commercio elettronico che, a questo punto, rappresenta una strada obbligata per il completamento dell’offerta e delle strategie anche dei negozi di prossimità”. “A questo scopo – osserva l’Ufficio Studi di Confcommercio – una parte delle risorse europee dovrà essere utilmente impiegata per spingere innovazione e digitalizzazione anche delle micro e piccole imprese”.

Intanto la Banca d’Italia fa il punto sulle piccole e medie imprese. Il flusso di quotazioni in Borsa sul mercato Ai, delle Pmi italiane riprenderà appena si esauriranno gli effetti della crisi Covid che ha ridotto il bacino di aziende quotabili che resta comuque elevato e sopra le 2000 unità. E’ quanto si legge nelle ‘note Covid’ della Banca d’Italia secondo cui, in base alle simulazioni sui bilanci aziendali 2020 (che contengono gli effetti della prima ondata pandemica) e un’analoga stima per il 2021, il numero delle imprese quotabili rimarrebbe superiore a 2.000 anche a inizio 2021, nonostante gli effetti della crisi sanitaria riducano del 20-25% il numero di PMI idonee alla quotazione. Via Nazionale notacome le PMI italiane abbiano fatto ricorso più al finanziamento bancario e meno alla raccolta di capitale di rischio. Ciò ha contribuito a un sottodimensionamento del mercato borsistico italiano rispetto alle altre economie avanzate. Il rapporto tra capitalizzazione di mercato e PIL in Italia a fine 2019 era al 36%, più del 100% in Francia e nel Regno Unito e più del 50% in Germania. Negli ultimi anni il numero di ammissioni in borsa di PMI, è aumentato anche grazie a misure legislative e di mercato che hanno ridotto gli oneri di quotazione, fra cui la creazione del mercato AIM Italia per imprese di minori dimensioni e ad alto potenziale di crescita. La prima ondata della pandemia e la conseguente crisi economica hanno interrotto tale tendenza.

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