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LeCoVax2, il nuovo vaccino italiano contro il Covid. E promette bene

Si chiama LeCoVax2 ed è una nuova tipologia di vaccino contro Covid-19, sviluppata dall’Università Statale di Milano in collaborazione con VisMederi Research. Il primo studio sperimentale preclinico, effettuato su modello murino, ha provato la sua efficacia nell’induzione di anticorpi in grado di neutralizzare il virus SARS-CoV-2.

LeCoVax2

L’incoraggiante risultato arriva da un lavoro di ricerca coordinato da Claudio Bandi, Sara Epis e Gian Vincenzo Zuccotti del Centro di Ricerca Pediatrica Romeo ed Enrica Invernizzi dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con Emanuele Montomoli, responsabile scientifico di VisMederi Research srl (e docente presso l’Università di Siena), che si è già tradotto in due brevetti depositati nel mese di febbraio di quest’anno. LeCoVax2 presenta caratteristiche innovative, che lo differenziano dagli altri vaccini attualmente in uso per il controllo di COVID 19, sia per il meccanismo di azione, sia per gli aspetti relativi alla conservazione e alla distribuzione, che sappiamo essere fondamentali per la gestione delle fasi future della pandemia.

I vaccini attualmente utilizzati per il controllo di COVID-19 in Europa si basano essenzialmente su due tipologie di piattaforme: RNA somministrati all’interno di piccole particelle lipidiche o virus modificati, incapaci di replicare e di determinare infezione, contenenti frammenti genici del virus SARS-CoV-2. Entrambe le piattaforme prevedono che la produzione delle proteine del virus (i cosiddetti antigeni, che scatenano la risposta immunitaria) avvenga all’interno delle cellule dei soggetti vaccinati.

La piattaforma vaccinale utilizzata per la produzione di LeCoVax2 è completamente diversa perchè si basa su un microrganismo unicellulare modificato, in grado sia di produrre sia di trasportare le proteine virali che fungono da antigeni, e che possono quindi stimolare la produzione di anticorpi nel soggetto vaccinato. Il microorganismo che ci viene in aiuto, mettendoci a disposizione una sorta di “micro-fabbrica di proteine”, è Leishmania tarentolae, una Leishmania non patogena per l’uomo (e che non ha nulla a che fare con quella che provoca la leishmaniosi nei cani) somministrabile in forma inattivata.

“Leishmania tarentolae rappresenta una sorta di micro-fabbrica, utilizzabile per la produzione di proteine molto simili a quelle prodotte nelle cellule di un mammifero, ad esempio da un virus durante l’infezione o da un vaccino a RNA”, spiega Sara Epis del Dipartimento di Bioscienze della Statale, “Una volta inoculate in un mammifero, le proteine virali prodotte in Leishmania hanno la capacità di agire come le proteine prodotte dal virus stesso durante l’infezione naturale. Quindi come antigeni virali in grado di stimolare la produzione di anticorpi”, aggiunge.

“Leishmania presenta un’altra caratteristica peculiare: una spiccata tendenza a penetrare all’interno delle cellule che intervengono nelle prime fasi della risposta immunitaria, le cellule dendritiche”, continua Claudio Bandi del Dipartimento di Bioscienze della Statale. “Pertanto, l’utilizzo di Leishmania come sistema per la produzione e per il trasporto degli antigeni permette di veicolare queste molecole direttamente alle cellule che giocano un ruolo centrale nell’induzione della risposta immunitaria. Sono queste le caratteristiche che ci hanno spinto a realizzare LeCoVax2”, aggiunge.

“Sulla carta, LeCoVax2 risultava promettente sin dalle prime fasi di sviluppo – spiega Emanuele Montomoli di VisMederi Research – ma solo nelle ultime settimane abbiamo ottenuto i risultati sperimentali che hanno provato la sua efficacia come induttore di una risposta anticorpale specifica. Lo studio è stato effettuato su modello murino ed ha permesso di rilevare la produzione di anticorpi in grado di neutralizzare il virus SARS-CoV-2”. Gianvincenzo Zuccotti, preside della Facoltà di Medicina e afferente al Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche L. Sacco dell’Università Statale di Milano, sottolinea: “Le peculiarità di LeCoVax2 lo rendono molto promettente per l’applicazione nei paesi in via di sviluppo.

La tecnologia necessaria alla sua produzione è relativamente semplice; inoltre, essendo somministrato in forma inattivata, si presta per essere sviluppato in preparati liofilizzati reidratabili, quindi agevoli da conservare e distribuire. Riteniamo inoltre che LeCoVax2 possa essere sviluppato per una somministrazione per via mucosale (ad esempio orale), cosa che ne faciliterebbe l’utilizzo, aspetto importante se la vaccinazione anti-COVID dovesse essere ripetuta nel corso degli anni. Nelle prossime settimane procederemo con le indagini precliniche su LeCoVax2, soprattutto per la definizione della formulazione piu’ idonea per l’utilizzo negli studi clinici”. 

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