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Mafia: le mani dei catanesi sulla zona di Taormina

L’hanno chiamata operazione Isola Bella e prende il nome dall’omonima isola al largo di Giardini Naxos in provincia di Messina. Un’operazione che ha svelato l’interesse della mafia catanese per il settore turistico e commerciale nell’area di Taormina. Le indagini hanno chiarito che, in relazione al business delle attività turistiche, era stato raggiunto tra il clan Cappello-Cintorino e il clan Santapaola-Ercolano un patto per la spartizione dei proventi ed, al fine di evitare contrasti nel corso della stagione turistica estiva, che avrebbero “nuociuto” agli affari: un accordo in ragione del quale avrebbero diviso gli incassi (e anche le spese) in tre parti, una per i mafiosi del clan Cappello – Cintorino, una per il clan Santapaola – Ercolano e una terza per gli imprenditori estorti. Il controllo delle attività è radicale, anche la sostituzione di un’imbarcazione in avaria non poteva essere disposta dall’imprenditore estorto se non previa autorizzazione del sodalizio mafioso di riferimento. In alcune circostanze, non mancavano esplicite minacce degli estortori a danno delle imprese: nello specifico, era Salvatore Leonardi a paventare l’affondamento delle imbarcazioni qualora il patto di spartizione degli introiti non fosse stato rispettato come concordato tra i due clan rivali.
Il giro di affari era notevole, il clan, effettuando una stima dei profitti realizzabili attraverso il controllo delle imbarcazioni, per la stagione estiva, prevedeva di incassare, in media, 20.000 euro al giorno da dividere in tre parti.
L’espansione territoriale verso le località turistiche si manifesta anche attraverso progetti imprenditoriali particolarmente ambiziosi: quello di aprire attività commerciali, intestate a soggetti terzi incensurati, reimpiegando in tal modo capitali di illecita provenienza. La realizzazione di tali progetti imprenditoriali è alla base dei sequestri operati a carico della società di noleggio acquascooter, del lido Recanati beach e del Bar “Etoile”, queste ultime due attività ubicate a Giardini di Naxos.
La corposa investigazione della Guardia di Finanza di Catania, diretta da questa Procura Distrettuale, ha disvelato l’allarmante radicamento mafioso nel tessuto economico-imprenditoriale-sociale dei territori di Calatabiano e Giardini Naxos; un’infiltrazione subdola e perniciosa che soffocava il libero esercizio di imprese inquinando il settore turistico, prioritario per la locale economia.

Su delega della Procura della Repubblica di Catania, i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, supportati dai colleghi della Compagnia di Taormina (ME), in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) e con il Reparto Operativo Aeronavale di Palermo (R.O.A.N.), hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misure cautelari emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catania nei confronti di 31 persone (26 in carcere e 5 agli arresti domiciliari) indagate, in concorso, per associazione a delinquere di tipo mafioso nonché per estorsioni, trasferimento fraudolento di valori, intestazione fittizia, usura, rapina, associazione finalizzata al narcotraffico, detenzione e spaccio di stupefacenti, tutti reati aggravati dalle finalità mafiose.

Con il medesimo provvedimento giudiziario, è stato sottoposto a sequestro preventivo finalizzato alla confisca (anche per sproporzione) un patrimonio societario di pertinenza del clan Cappello – Cintorino nonché dei Santapaola – Ercolano per un valore complessivo di oltre 1 milione di euro, rappresentato da una società di noleggio di acquascooter, un bar e un lido balneare, ubicati in Giardini Naxos, nonché una ditta attiva “nella preparazione del cantiere edile e sistemazione del terreno”. In allegato, le denominazioni delle attività commerciali sequestrate.

L’indagine ha disvelato l’operatività di quella che gli inquirenti definiscono un’agguerrita compagine criminale mafiosa, quella dei Cintorino, collegata alla famiglia mafiosa catanese dei Cappello.
Le indagini (che sono state attivate e curate in una prima fase dalla Compagnia G. di F. di Riposto) attestano come il clan Cintorino sia particolarmente radicato ed attivo nella propria “roccaforte” storica di Calatabiano ed opera ancora sotto l’egida di Mario Pace, storico componente del clan Cappello già condannato all’ergastolo che, durante i permessi premio, organizzava “summit”, dava disposizione e ribadiva la propria egemonia nel sodalizio. Così Carmelo Porto (principale referente del gruppo), nel riferire alla compagna l’esito di uno di tali incontri, riportava quanto detto da Mario Pace: “Io vi ammazzo, dicci a Mario e Carmelo Spinella a Calatabiano comando io, Mario Pace; trent’anni fà io ho fatto Calatabiano, ed io comando lì, neanche Nino, Nino ha il 41, fagli fare il 41 io ho fatto le discussioni, Calatabiano e Giardini ci sono io”.

Figura apicale del clan Cintorino è  Carmelo Porto che riveste il ruolo di reggente fino alla scarcerazione di altro esponente storico: Salvatore Trovato il quale, dopo circa un ventennio di detenzione, recuperava le redini del gruppo. Figura di grande spessore emersa dalle attività è quella di Gaetano Di Bella, soggetto incensurato che fa da tramite tra la famiglia catanese Cappello e  Carmelo Porto.

Le indagini hanno fatto emergere numerose vicende estorsive perpetrate dal sodalizio, emblematiche del radicato controllo territoriale operato dai Cintorino a Calatabiano.
Altra fonte significativa di introiti per il clan Cintorino è rappresentata dal traffico di stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana), in relazione al quale è stata tracciata l’esistenza di plurimi e stabili canali di rifornimento, che hanno permesso al clan Cintorino di superare i “danni” causati dai sequestri operati dalla Guardia di Finanza nel corso delle indagini (kg. 1 di cocaina, kg. 1,5 di hashish e kg. 1 di marijuana).
Non mancano, infine, episodi di usura particolarmente gravi, con tassi di interesse che variano dal 120% al 450% annuale.
Il clan ha dimostrato di saper affiancare alle classiche attività estorsive, di usura e di spaccio di stupefacenti, la concreta propensione a insinuarsi tra le iniziative imprenditoriali più redditizie e visibili del territorio di competenza, con particolari proiezioni nel territorio della provincia di Messina, come Giardini di Naxos e Taormina, località particolarmente appetibili, sia per il controllo delle attività turistiche, sia per investire i proventi illeciti in attività imprenditoriali riconducibili al clan. Particolarmente significativo delle mire espansionistiche nelle citate località, è il tratto della conversazione tra DI BELLA ed il suo interlocutore ROCCO Marcello (anche questi destinatario di misura cautelare): Di Bella: “ma tu devi stare a TAORMINA…!” Rocco: “QUANTO CI STANNO I CARABINIERI A SAPERE LE COSE..?” Di Bella: “eeee lo so, però c’è TAORMINA, c’è…!” Rocco: “NAXOS…!” Di Bella: “c’è tutto un giro va…!” Rocco: “TAORMINA, GIARDINI, certo LETOJANNI…!” Di Bella: “eeeeh il GIRO C’E’ ed è GRANDE…!”. Si accertava, così, che, oramai da anni, le escursioni turistiche effettuate da piccoli imprenditori, nel tratto di mare destro e sinistro antistante l’Isola Bella di Taormina, con barche da diporto, erano oggetto di pesanti infiltrazioni mafiose. Gli esercenti l’attività di noleggio di mezzi di trasporto marittimo, operanti nel famoso specchio d’acqua erano, infatti, costretti a “cedere” quotidianamente una parte dei loro guadagni. Detta attività era condivisa con esponenti della famiglia Santapaola-Ercolano, il cui referente in loco era  Salvatore Leonardi.

 

 

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