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Confartigianato, Filippo Ribisi: “In Sicilia ha chiuso il 30% di Pmi”

Palermo – “In Sicilia ha chiuso i battenti il 30% di aziende di Confartigianato e Piccole imprese. Il mio è un grido d’allarme:  siamo in emergenza, le imprese soffrono e chiudono”. Filippo Ribisi, presidente regionale e vicepresidente nazionale con delega al Mezzogiorno di Confartigianato, traccia un quadro sconfortante della situazione relativa al comparto, nel corso di un forum dell’Agenzia ITALPRESS. Nel 2015 i dati Svimez sancivano un rilancio dell’economia isolana, ma “anche allora io dissi che la crescita era legata alla spesa di tutti i fondi europei. Non a caso, nel 2016, c’è stato un crollo a livello di lavori pubblici”.

Da qui saracinesche che si abbassano con un andamento preoccupante, aziende costrette a chiudere perché non ce la fanno più, strette nella morsa della crisi. In questi mesi il Governo nazionale ha annunciato piani di sviluppo per l’Isola, firmando Patti nei vari territori: “Ci sono 14 miliardi per la Sicilia? Ne sono felice, ma se si spendono – avverte Ribisi -. C’e’ il rischio che si possano perdere, che tornino indietro. I patti sono stati firmati su progetti già esistenti. Pertanto chiedo al presidente Crocetta di istituire un osservatorio della Regione che abbia il compito di seguire l’iter di questi progetti. Se c’è una difficoltà, allora interviene una task force regionale. Mancano i soldi? Fai un mutuo con Cassa depositi e prestiti, chiedi un’anticipazione all’Irfis: in ogni caso, non puoi bloccare i finanziamenti”.
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Secondo il numero 1 di Confartigianato Sicilia è necessario intervenire subito, anche perché l’imminente campagna elettorale rischia di spostare l’attenzione dai problemi reali ai semplici proclami: “Il settore dell’edilizia e’ quello che soffre di più. Va male anche la meccanica, con tutta la filiera. C’e’ inoltre molta crisi nel piccolo commercio, i centri commerciali e internet sono stati devastanti. E scompaiono tanti mestieri. Dal calzolaio ai riparatori di scarpe e di elettrodomestici. L’iniziativa dei lustrascarpe a Palermo? E’ un esperimento, non deve essere la nostra mission fondamentale. Ne venissero altre 10 di queste idee, io le appoggerei. Noi intanto stiamo lavorando sull’export, stiamo lavorando con l’Istituto per il commercio estero per mettere in rete le piccole imprese. A quali mercati guardiamo? A maggio a Siracusa avremo un incontro con l’Ice per analizzare il mercato russo e cinese: apprezzano molto i prodotti italiani”.
Politica, burocrazia, illegalità. La Sicilia ha tanti nodi da dover sciogliere. “Per fortuna hanno approvato la variazione alla legge sugli appalti e ringraziamo il presidente Ardizzone. Il Patto – ricorda Ribisi – in gran parte è costituito da lavori da appaltare, l’Ars ha approvato questa leggina e la prima cosa che chiedo all’assessore è che metta in atto i provvedimenti per farla funzionare. Bisogna applicarla. Gli Urega devono funzionare e subito”.
Inoltre, l’assessorato alle Attività produttive, guidato da Mariella Lo Bello, “ha predisposto una serie di bandi per le imprese, adesso li appronti e li faccia partire subito, cercando di sburocratizzare il più possibile. Saranno già di per sé poche le imprese che vorranno investire, se le scoraggiamo con un eccesso di burocrazia, allora è finita. Dobbiamo rendere quanto più trasparenti i processi. Cosa ci vuole a creare un portale per vedere l’andamento delle pratiche, in maniera chiara e trasparente?” Per Ribisi questa che si sta per chiudere è legislatura in cui il Parlamento “ha lavorato meno” e Garanzia giovani è stata “un’occasione sprecata”.
“L’apprendistato? Prima funzionava, adesso non più – sottolinea -. E’ una grande risorsa ma purtroppo in Italia non si capisce, si cerca di inventarsi cose che costano di più”.
Altri scogli all’economia sono indubbiamente fisco, lavoro nero e criminalità organizzata. Quest’ultima, afferma, “ha avuto sempre un peso nella mancata crescita della Sicilia e del Mezzogiorno. Alcuni anni fa, all’interno di Confartigianato Sicilia, abbiamo applicato un nostro codice etico poi recepito a livello nazionale.
Le nostre imprese hanno bisogno di protezione e aiuto. Dobbiamo accompagnarle uscire da questo tunnel, lo abbiamo fatto già qui in diversi modi, senza fare troppa pubblicità. Bisogna sempre denunciare, la via è quella”. I numeri non sono incoraggianti: “A Palermo non più di una decina di imprese hanno denunciato; a livello regionale c’è stato qualcosa su Enna, su Catania, un paio di situazioni a Siracusa. All’incirca – conclude – una ventina in tutta l’Isola”. (ITALPRESS).

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