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Fondo centrale di garanzia, Palermo prima in Sicilia per numero di domande

Palermo è la prima provincia siciliana per numero di domande di finanziamento alle imprese attraverso il Fondo Centrale di Garanzia. Nella classifica elaborata dall’Ufficio Studi del Gruppo NSA, il più importante mediatore creditizio italiano, il capoluogo di regione conta 2.995 operazioni, in crescita del 10,5% rispetto al valore registrato nell’anno precedente (2.710 operazioni nel 2017).

A seguire Catania, con 2.915 operazioni, Ragusa, con 1.502 operazioni, Messina, 1336 operazioni, Trapani, con 1.204 operazioni, Siracusa con 888 operazioni, e Enna, con 389 operazioni.

 

Tornando a Palermo, più in dettaglio, il numero di operazioni si divide tra operazioni effettuate con garanzia diretta (Banche) pari al 58% del totale e in crescita del 31% rispetto al 2017 e operazioni effettuate in controgaranzia (Confidi) pari al 42% in calo del 9% rispetto all’anno precedente. Dal 2017 al 2018 il numero di domande in controgaranzia è calato da 1.389 a 1.260, mentre quelle in garanzia diretta hanno seguito una traiettoria opposta, in aumento da 1.321 (nel 2017) alle 1.735 registrate nell’anno successivo.

Il medesimo trend emerge dalle stime sul finanziamento medio: in regime di controgaranzia il dato evidenzia una flessione del 4% tra i 42.650 euro del 2017 e il valore medio registrato l’anno successivo, cioè 40.955 euro. Al contrario, il dato sul finanziamento medio in garanzia diretta segna una crescita del 10% nel confronto tra il 2017 pari a 110.247 euro e il 2018, pari a 121.623 euro.

 

Per quanto riguarda l’importo complessivamente finanziato il primato spetta a Catania con 322,4 milioni di euro (in crescita del 23,4% rispetto al 2017), segue Palermo con 262,3 milioni di euro (in crescita del 29% rispetto al 2017), Ragusa con 151 milioni di euro, Messina con 124 milioni di euro, Trapani con 109,3 milioni di euro, Siracusa con 91 milioni di euro ed  Enna con 28 milioni di euro.

 

In particolare, a Palermo l’importo finanziato è cresciuto dai 204,8 milioni di euro del 2017 ai 262,3 milioni di euro del 2018. Anche in questo caso larga parte del finanziato è effettuato in garanzia diretta: nel 2018 l’80% – per un importo complessivo di 211 milioni di euro – rispetto al 20% in controgaranzia per un importo complessivo che si attesta a 51 milioni di euro.

Per quanto riguarda l’importo garantito, il confronto tra i dati del 2017 e il 2018 indica una certa costanza: per le operazioni effettuate direttamente dalle banche la copertura è pari all’80%, mentre per quelle effettuate in controgaranzia dai confidi si attesta al 47%.

 

 

Dati destinati a migliorare, secondo una recente ricerca del laboratorio di Statistica Applicata dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, se l’abolizione della Lettera ‘R’ diventerà legge.

Nel Decreto Crescita 2019, il Governo ha inserito un provvedimento che elimina la Lettera ‘R’ aumentando così le potenzialità del mercato e lasciando le imprese libere di scegliere secondo la propria convenienza. La Lettera ‘R’ è un articolo della legge Bassanini che faceva sì che le Regioni potessero far transitare in esclusiva dai Confidi le domande per la concessione della garanzia sugli affidamenti bancari al Fondo centrale di garanzia per le pmi.

 

I dati riferiti alla provincia di Palermo del Fondo centrale di garanzia dimostrano chiaramente che la garanzia media prestata dal Fondo aiuta di più le imprese che si rivolgono alle banche, quindi le operazioni in garanzia diretta con una copertura maggiore dell’importo finanziato – ha commentato il Presidente del Gruppo NSA, Gaetano Stio -. Secondo la ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore si è stimato che gli importi garantiti per il finanziamento delle micro e PMI nei prossimi tre anni aumenteranno del 16% nel caso in cui la norma del Governo sull’abolizione totale della lettera r) diventasse definitivamente legge dello Stato. Un passaggio assolutamente utile, direi indispensabile, a sostegno di un efficiente accesso al credito, oltre che dell’occupazione nelle PMI”. “Da questo confronto dialettico in Parlamento e sui media in merito alla lettera R – continua Gaetano Stio  -sorge spontanea una domanda: in 21 anni solo quattro Regioni su 20 hanno utilizzato la lettera R (in effetti se n’era aggiunta una quinta ma dopo alcuni anni di esperienza ha fatto marcia indietro). Per quali ragioni allora l’opportunità è stata trascurata dall’80% delle Regioni italiane e solo ora, nel momento in cui il Governo decide di abolirla, queste si oppongono? Ma, il mantenimento della lettera R è indispensabile per le imprese o per i confidi, considerato che alle imprese non è vietato rivolgersi ai confidi?”.

 

 

 

 

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