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Sanità: la fuga dei pazienti verso il Nord costa al Sud 2,7 miliardi

Nel Sud dell’Italia, la valigia è di nuovo pronta, ma non per le vacanze. Questa volta, gli italiani del Sud stanno tornando a fare le valigie per curarsi al Nord, come facevano prima dell’era del Covid-19. I “viaggi della speranza”, una volta chiamati così, sono tornati di moda, ma con una differenza notevole: ora si tratta di cure mediche.

Secondo l’Agenzia per i servizi sanitari regionali (Agenas), nel suo ultimo report sulla “mobilità sanitaria”, i pazienti del Sud, in particolare dalla Campania, Calabria e Sicilia, stanno affluendo verso le regioni del Nord, come Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, alla ricerca di strutture per ricoveri ad alta complessità, specialmente per il trattamento di tumori e altre patologie critiche. Curiosamente, la scelta preferita sembra essere rivolta verso le strutture private accreditate piuttosto che quelle pubbliche.

Questo fenomeno di “mobilità sanitaria” ha un impatto significativo non solo sulla salute dei pazienti ma anche sull’economia delle regioni coinvolte. Nel 2022, il flusso di denaro legato a questi spostamenti ha raggiunto i 2,7 miliardi di euro, dopo essere sceso a circa 2 miliardi nel 2020, durante il picco della pandemia. Questo valore si avvicina ai livelli pre-Covid, quando ammontava a circa 2,8 miliardi di euro all’anno. Inoltre, questo flusso di denaro si traduce in entrate significative per le regioni del Nord, come Emilia Romagna e Lombardia, mentre le regioni del Sud, come la Campania, devono affrontare significativi esborsi per i ricoveri dei loro cittadini al di fuori della regione.

Nel primo semestre del 2023, la ricerca di visite ed esami fuori dalla regione è cresciuta ulteriormente, raggiungendo i 330 milioni di euro, rispetto ai 316 milioni del primo semestre del 2019. Lombardia, Veneto e Toscana sono le regioni più attrattive per questi servizi, mentre la Campania, la Calabria e la Sicilia continuano a registrare una significativa “fuga” di pazienti.

Nel complesso, per tutte le tipologie di mobilità sanitaria, compresi ricoveri, visite ed esami diagnostici, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto raccolgono circa 1,2 miliardi di euro, mentre Calabria, Sicilia e Campania sostengono un costo complessivo di 700 milioni di euro. Questi numeri indicano che la Calabria spende 142 euro per ogni calabrese per cure fuori regione, mentre l’Emilia Romagna incassa oltre 92 euro per ogni suo cittadino e la Lombardia 55 euro pro capite. Tuttavia, il Molise si distingue con un saldo positivo di 112 euro pro capite, grazie alla forte attrattività del centro Neuromed e alla bassa densità di popolazione.

È interessante notare che, secondo l’Agenas, la “mobilità sanitaria” non riguarda solo il flusso diretto dal Sud al Nord, ma anche la mobilità tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud. Questo fenomeno di “migrazione di prossimità” rappresenta una percentuale significativa dei movimenti di pazienti. Ad esempio, nel Nord, circa un paziente su quattro si sposta in una regione vicina, mentre al Centro e al Sud, questa percentuale è inferiore. L’Agenas suggerisce la necessità di stipulare accordi di frontiera tra alcune regioni per affrontare questa mobilità crescente.

In conclusione, il direttore generale dell’Agenas, Domenico Mantoan, sottolinea che, sebbene il fenomeno della “mobilità sanitaria” sia ormai consolidato, occorre adottare modelli organizzativi migliori e una maggiore presa in carico dei pazienti per cercare di trattenere alcuni di loro nelle proprie regioni di origine. La situazione attuale evidenzia la complessità del sistema sanitario italiano e la necessità di una revisione approfondita.

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