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Palermo – “Lavorare per la diffusione della cultura di impresa in tutte le sue sfaccettature: far crescere la consapevolezza della diffusione del capitale di rischio, continuare a dare l’attenzione che merita al fenomeno delle start up. Puntare su un sistema economico moderno, trasparente, dinamico, competitivo”. Sono le parole di Riccardo Di Stefano, 30 anni, imprenditore palermitano da qualche giorno vicepresidente nazionale del Gruppo Giovani di Confindustria, nella squadra del nuovo presidente Alessio Rossi.
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Di Stefano usa le parole di chi è cresciuto a pane e azienda ma che ha anche portato quell’esperienza, oltre alla sua formazione accademica, all’interno del mondo accademico: oltre a lavorare nelle aziende di famiglia (Officine Lodato e Meditermica, una trentina di addetti) da tempo si occupa dei rapporti con le imprese per la Lumsa, la Libera Università degli Studi Maria SS. Assunta di Roma che ha anche una sede a Palermo. La presenza di Di Stefano nella squadra di Rossi fa parte di una strategia dei Giovani confindustriali che hanno voluto inserire nella squadra di vertice imprenditori promettenti anche se con poca esperienza associativa: una innovazione nel metodo e nel merito che fa parte anch’essa di una strategia complessiva.
Parliamo di noi, della Sicilia: qual è la proposta, anzi diciamo la priorità?
Non vi è dubbio che tra le priorità più importanti vi sia la diffusione della cultura e della consapevolezza del capitale di rischio. E ciò vale a maggior ragione in Sicilia dove tante eccellenze non riescono a imporsi sul mercato per il sottodimensionamento delle imprese. Io dico: piccolo è bello nel caso di aziende di nicchia, con una piccola produzione fatta per mercati precisi. Mentre in tutto gli altri casi piccolo è solo poco competitivo, è un limite in un mercato fortemente aperto.
Voi giovani avete lavorato molto fin qui sul fronte delle start up.
Sì e lo faremo ancora: sono una priorità anche perché, come ha sottolineato lo stesso Rossi, non hanno prodotto solo hanno prodotto maggior fatturato e posti di lavoro ma hanno contribuito in misura più importante alla diffusione della cultura di impresa. Faccio un esempio: fino a qualche tempo fa chi studiava giurisprudenza non avrebbe mai pensato di fare l’imprenditore mentre oggi questa opzione diventa possibile, una scelta tra le altre. Non è un caso che noi individuiamo proprio nel rapporto con gli atenei grandi occasioni di sviluppo sia per la crescita della cultura di impresa sia, ovviamente, in riferimento al mondo del lavoro.
Di solito si dice che il sistema imprenditoriale siciliano, nel suo complesso, ha bisogno di essere svecchiato…
Io dico che da noi non si parla abbastanza di restart. E poi: la Sicilia ha un patrimonio che non considera a sufficienza fatto di prodotti tipici e produzioni legate al territorio. Ci sono risorse inesauribili ma i giovani preferiscono trasferirsi e andare altrove. Oppure puntano su mercati innovativi trascurando i settori tradizionali. Non vi è dubbio che Industria 4.0 e Open Innovation sono trainanti per lo sviluppo, ma vi sono settori importanti (si prenda l’enogastronomia) su cui è possibile investire.