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Dal concorso per assegnare 3000 incarichi da navigator, i “professionisti” che proveranno a far funzionare il reddito di cittadinanza, le cui prove si svolgeranno a partire da domani a Roma, sono stati esclusi oltre 20 mila candidati.
Solo 54 mila (su quasi 80.000 domande), difatti, giungeranno ai cancelli della Fiera di Roma per contendersi un assegno mensile da 3.000 euro per i prossimi due anni e l’intima speranza (chissà quanto fondata…) che se il reddito di cittadinanza avrà vita breve la loro figura potrà essere ricollocata in nuovi e diversi servizi alle dipendenze dello Stato.
Ma perchè sono stati esclusi oltre 20.000 concorrenti, pur se in possesso dei requisiti di concorso?
La ragione è da rintracciare in una clausola del bando che, secondo l’Avvocato Santi Delia fondatore dello Studio Legale Bonetti & Delia che difende un centinaio di esclusi, è “palesemente illegittima”. L’art. 6 del bando, difatti, dispone che “sono ammessi alla selezione i candidati in possesso dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 3 del presente Avviso, secondo un rapporto di 1 a 20 tra posizioni ricercate e candidature pervenute su base provinciale, in ragione del miglior voto di laurea”. In altre parole, l’ammissione alla mera prova selettiva a quiz è legata non solo e non tanto al miglior voto di laurea (e qui siamo innanzi a lauree notevolmente eterogenee tra loro) ma anche al fatto che vi saranno province in cui si è ammessi con un voto di laurea pari a 100 ed altre in cui non è sufficiente un 105.
“Per questo abbiamo chiesto al Tribunale di far partecipare i nostri concorrenti esclusi ed oggi, alle soglie dell’inizio delle prove, è arrivato il primo accoglimento in Italia” dice l’avvocato.
Che spiega: “Come ben centrato dal Tribunale, accogliendo le nostre tesi “la concreta ammissione dei singoli candidati finisce per dipendere da fattori casuali, aleatori e non predeterrninabili, quali sono quelli dipendenti dal numero di candidati che avranno richiesto di partecipare in relazione a ciascuna provincia. con conseguente svilimento del requisito del più alto voto di laurea, diversamente valorizzato a seconda del contesto provinciale di riferimento”. Ancor più eclatante rispetto ai casi già trattati dalla giurisprudenza – secondo cui il voto di laurea “potrebbe non rappresentare un indice attendibile di preparazione del candidato, dipendendo esso da un rilevante numero di variabili (tra gli altri, il tipo di laurea conseguito e presso quale Università)” -, dunque, “ci appare il fatto che nel caso specifico di questo concorso non solo il voto di laurea appare di per se illegittimo ma lo è ancora di più in quanto non vale in senso assoluto per ammettere o escludere i partecipanti (ad esempio possono partecipare tutti coloro i quali abbiano un minimo di 100) ma solo in rapporto alla provincia casualmente scelta”.
“Il fatto che Anpal sia società pubblica”, commentano infine gli Avvocati Santi Delia e Michele Bonetti, “comporterà che sara’ il Giudice Ordinario a dover decidere se è legittimo che il solo voto di laurea imponga o meno la partecipazione alla selezione. Ciò vuol dire che viene mero il termine di decadenza (di 60 giorni) per la proposizione dell’azione al Tar ed il concorso avrà, ove i ricorsi vengano accolti, delle code importanti di prove suppletive per i 20.000 soggetti esclusi. Oltre alla folle scelta di ritenere un soggetto non capace neanche di sedersi a fare una prova concorsuale, solo per il suo voto di laurea e la provincia scelta, questa decisione del Legislatore e della politica che crea agenzie e società pubbliche cui far gestire personale e concorsi, è tutta da rivedere”.