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Il piano colore che diventa obbligatorio, la semplificazione degli adempimenti. E sono solo un paio di punti del regolamento edilizio unico regionale, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Regione siciliana del 3 giugno. Ne parla in questa intervista consigliere e della seconda sezione del Tar della Sicilia, Giuseppe La Greca.
E’ stato adottato dalla Regione il regolamento edilizio unico. Quali sono i benefici che ne trarrà il
governo del territorio in Sicilia?
Si tratta di uno strumento regolamentare-tipo al quale i Comuni dovranno adeguarsi entro il prossimo autunno. Esso disciplina numerosi aspetti che molto spesso non sono stati, in passato, adeguatamente considerati nei regolamenti edilizi comunali. Ad esempio, la previsione di un piano del colore costituisce, in termini di obbligo, così come è stata pensato, una novità assoluta a tutela del decoro urbano. Ciò consente alle amministrazioni di puntare ad una maggiore qualità del contesto urbano sia perché il regolamento consente di dotarsi di specifiche regole, sia perché sono attribuiti alle amministrazioni poteri sanzionatori per i privati che non osservino le regole.
Perché la necessità di un regolamento unico?
Lo schema di una disciplina il più possibile unitaria, pur salvaguardando la specificità delle singole realtà locali, era stata già prevista dalla Conferenza unificata nel 2016. La finalità principale era ed è quella di semplificare sia gli adempimenti per le attività edilizie, sia quella di garantire una lettura il più possibile uniforme, completa e compiuta della disciplina di riferimento.
Il regolamento prevede la modulistica unica per i procedimenti amministrativi in materia edilizia.
Servirà effettivamente a snellire?
Intanto a proposito di snellimento il nuovo regolamento si compone di 99 articoli e diversi allegati, il che non mi sembra del tutto in linea con l’obiettivo di semplificare. Sul versante della semplificazione dei moduli, si tratta di una enunciazione che già ben conosciamo per essere stata inserita in diverse leggi statali e regionali e rimasta (quantomeno dalle nostre parti) pressoché inattuata. Il punto semmai è che al di là della modulistica, la semplificazione in materia di procedimenti edilizi non la si deve ricercare negli aspetti formali, che pure hanno una loro incidenza, quanto sul piano sostanziale. Cominciamo a chiederci se e quanto sia necessario introdurre, come è stato fatto in Sicilia, una disciplina che per molte parti risulta disallineata dal testo unico edilizia nazionale (disallineamento che in parte è stato già bocciato dalla Corte costituzionale). Non si tratta solo una questione giuridica ma soprattutto pratica e di complessiva efficienza del sistema: la sovrapposizione di più norme rende la vita difficile al cittadino e ai professionisti. Oltreché, ovviamente, ai funzionari delle singole amministrazioni chiamati a darvi applicazione e a dare indicazioni ai privati “sul come fare”.
La semplificazione deve partire da lì, da poche e chiare norme. Vi è un legame tra questo tipo di attività degli enti locali e i fenomeni corruttivi?
Certamente si. L’ambito dell’edilizia e dell’urbanistica è uno di quelli a maggior rischio. Ciò è stato evidenziato dello stesso legislatore regionale sin dal 2011: le pubbliche amministrazioni locali e la Regione “in osservanza delle previsioni contenute nel Codice antimafia e anticorruzione della pubblica amministrazione” devono svolgere attività di prevenzione, informazione e formazione del proprio personale, “in particolare nei settori degli appalti, dell’urbanistica e dell’edilizia per contrastare il rischio di diffusione della corruzione e di infiltrazioni di tipo mafioso”. Occorre partire da una massiccia opera di formazione degli operatori pubblici, considerata la complessità dell’ordinamento, e da regole di trasparenza, chiarezza e celerità dei procedimenti. Ciò anche con seri interventi sostitutivi: non è accettabile – per esempio – che ancora nella nostra Regione vi siano molti Comuni che non hanno ancora definito le pratiche dei condoni edilizi del 1985, del 1994, e del 2003.