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Riciclaggio criminale, Bankitalia: con la pandemia cresce rischio. Segnalazioni per 8,3 miliardi

Deciso aumento, nel 2020 e nei primi mesi del 2021, delle segnalazioni da parte di banche e altri soggetti, di operazioni sospette di riciclaggio alla Uif, l’unità di informazioni finanziarie presso la Banca d’Italia. Dal rapporto annuale presentato oggi, le segnalazioni sono state 113.187, 7.400 in più rispetto al 2019 (+7%).

L’aumento, ha spiegato il direttore Uif Claudio Clemente, “è ascrivibile interamente a sospetti di riciclaggio. Quelle di finanziamento del terrorismo sono diminuite a 513 unità (-33,4%), anche a causa delle restrizioni alla mobilità”. Nei primi 5 mesi del 2021 la crescita si è rafforzata, superando il 30%.

riciclaggio

Riciclaggio: nel 2020 2.277 segnalazioni

Le segnalazioni di possibile riciclaggio pertinenti a contesti di rischio legati alla pandemia nel 2020 sono state 2.277 per un valore complessivo di operatività sospetta pari a 8,3 miliardi di euro. Di queste, l’80,0% ha riguardato, nella prima fase, principalmente la compravendita di materiale sanitario e di DPI cui si sono aggiunti, in una seconda fase, l’erogazione e l’utilizzo incongruo di finanziamenti garantiti o contributi a fondo perduto. Circa il 64% di tali segnalazioni ha ricevuto un feedback positivo da parte degli Organi investigativi.

 Il restante 20% delle SOS classificate nell’area di rischio Covid-19 ha riguardato fenomeni di prelievi di contante, per lo più indotti apparentemente dal timore di carenza di liquidità connessi all’avvio della fase di lockdown e al generale clima di insicurezza dei primi mesi della pandemia. La minore rischiosità è confermata dalla circostanza che solo il 9,2% di tali SOS ha avuto un esito di interesse in sede investigativa.

Nel complesso, per 42 le segnalazioni pervenute nel 2020 classificate nell’area di rischio Covid-19 lo scambio dei nominativi con la DNA ha evidenziato riscontri positivi per il 18,4% dei casi. Diverse SOS, minoritarie in quanto al numero (281 su 2.277) ma rilevanti in termini di importo (5,9 miliardi di euro, pari al 70,9% del dato complessivo), hanno riguardato operazioni solo prospettate e non eseguite, per lo più riferibili a tentativi di truffe nell’ambito delle erogazioni di finanziamenti pubblici.

Le SOS inerenti operazioni eseguite, di importo medio più contenuto, hanno riguardato principalmente rapporti caratterizzati da un utilizzo elevato di contanti o su cui sono transitati anomali giri di fondi, astrattamente compatibili con fenomeni distrattivi dei finanziamenti pubblici concessi ovvero con frodi nelle fatturazioni. Complessivamente, le SOS della specie che vedevano coinvolti soggetti indagati sono risultate il 25,2% dell’aggregato, percentuale che si attesta al 32,3% se si considerano anche quelle che riportavano operazioni solo prospettate.

 Le segnalazioni Covid-19 sono quasi interamente ascrivibili al comparto finanziario: il 94,2% delle SOS è stato inviato da istituti bancari e da Poste, dato che giunge al 96,8% con i contributi di IMEL e IP. Rimangono residuali le SOS inviate da professionisti. In termini territoriali, le regioni che figurano di più come luoghi di esecuzione dell’operatività sospetta sono il Lazio (18,7%) e la Lombardia (14,4%), seguite dall’Emilia Romagna (8,8%), dalla Campania (8,5%) e dal Veneto (7,6%).

Riciclaggio: già 1796 le segnalazioni nei primi 5 mesi del 2021

Nei primi cinque mesi del 2021 le segnalazioni riferibili alla pandemia sono state 1.796, per un’operatività sospetta pari a 1,86 miliardi di euro: le fattispecie esaminate hanno riguardato principalmente le agevolazioni finanziarie e in misura minore l’approvvigionamento di materiale sanitario, mentre le dinamiche di prelievo di contante, connesse con la situazione di emergenza sanitaria, sono diventate residuali. Anche in questo caso l’interesse investigativo rimane molto elevato, ragguagliandosi al 37,5% delle segnalazioni Covid-19.

 La componente di SOS relative a operazioni non eseguite, significativamente più contenuta rispetto al 2020 (14,8%), è per lo più riconducibile a riscontri negativi in merito al profilo soggettivo dei nominativi richiedenti. Le fattispecie rilevate nella componente di operatività eseguita rimangono ancorate alla compresenza di profili di natura fiscale, spesso associati a operazioni di monetizzazione e sospetti di contraffazione documentale. Anche in tale aggregato di SOS la presenza di soggetti coinvolti in procedimenti penali contribuisce al quadro di anomalia per poco meno di un quinto delle segnalazioni Covid-19.

Il diffondersi dell’emergenza sanitaria ha portato, soprattutto nella prima metà del 2020, alla nascita di una pluralità di enti associativi che si proponevano di raccogliere donazioni per aiutare il sistema sanitario nazionale, in particolare nell’acquisizione di dispositivi medici per l’ampliamento delle terapie intensive. Purtroppo anche tali iniziative sono state vittime di condotte distrattive, solitamente poste in essere da coloro che ricoprivano ruoli gestionali: è il caso di un soggetto, titolare di delega sui conti di una ONLUS nata nel marzo del 2020 per fronteggiare l’emergenza Covid-19 sul territorio, che ha distratto parte delle somme donate da privati attraverso pagamenti disposti in favore di una società compiacente, grazie all’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Dalle analisi condotte è emerso che le somme sono state trasferite su conti esteri e poi prelevate e/o spese in Italia attraverso carte emesse dall’intermediario finanziario estero e intestate al gestore della ONLUS.

Pandemia e criminalità organizzata: la Campania al primo posto

Nel corso del 2020 le segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio classificate come riferibili, almeno potenzialmente, a contesti riconducibili agli interessi della criminalità organizzata si sono attestate a poco più del 18% di quelle pervenute alla UIF. Tale valore, sostanzialmente doppio rispetto a quanto rilevato negli anni precedenti, è ascrivibile a una migliore capacità della UIF di censire la fattispecie, grazie allo scambio informativo sistematico con la DNA – ai sensi dell’art. 8 del D.lgs. 231/2007 – definitivamente stabilizzatosi nel terzo trimestre dell’anno (cfr. il paragrafo: Il processo di analisi nel capitolo 2). La quasi totalità delle segnalazioni della specie è stata considerata rilevante e l’11% è stato sottoposto ad approfondimenti mirati, con un aumento in valore assoluto del 21% rispetto al 2019. Il 2,6% delle segnalazioni classificate come a rischio criminalità organizzata riguarda anomalie rilevate con riferimento a contesti legati all’emergenza Covid-19; per il 62% di tali segnalazioni si è registrato, in corso d’anno, un feedback positivo dagli Organi investigativi, a fronte di un dato globale pari al 18,5% del totale delle segnalazioni della specie. La distribuzione delle segnalazioni per regione, ricalcando quanto già rilevato negli anni precedenti, conferma una corrispondenza elevata con la distribuzione regionale delle consorterie mafiose elaborate dalla DIA e dalla DNA. Il 23,5% riguarda la Campania, seguita dal Lazio e dalla Lombardia, rispettivamente con il 14,2% e il 13,0%. Seguono la Sicilia (10,1%), la Puglia (6,7%) e la Calabria (6,2%). Quote non trascurabili concernono anche l’Emilia Romagna (5,3%), il Veneto (4,5%), il Piemonte (3,9%) e la Toscana (3,6%). Non emergono sostanziali differenze rispetto a quanto già rilevato negli anni passati con riferimento alla tipologia di operatività segnalata: si conferma la ricorrenza di anomalie di tipo fiscale, spesso accompagnate da movimentazioni con paesi esteri. L’operatività osservata è inoltre frequentemente posta in essere in modo incrociato tra soggetti (persone fisiche e persone non fisiche) apparentemente privi di evidenti collegamenti soggettivi o economici, in qualche caso attraverso presunte operazioni societarie e/o immobiliari. Come negli anni precedenti, le forme tecniche utilizzate non si differenziano dalle dinamiche finanziarie proprie di contesti estranei alla criminalità organizzata.

Corruzione e riciclaggio nei Fondi di investimento

Nell’ambito dell’analisi sul riciclaggio di denaro sporco sono state osservate fattispecie che confermano come le diverse forme di sovvenzionamento pubblico restino esposte a rischi di abuso e frode. In particolare, sono emerse condotte ascrivibili all’utilizzo distorto di fondi ottenuti mediante agevolazioni finanziarie pubbliche. L’analisi congiunta di molteplici segnalazioni di operazioni sospette, accomunate dal ricorso alla medesima misura di agevolazione e circoscritte sotto il profilo territoriale, ha consentito di individuare vere e proprie reti di persone fisiche e giuridiche la cui attività era, presumibilmente, finalizzata all’accesso fraudolento ai finanziamenti e al loro successivo utilizzo incongruo; alla rete prendevano parte soggetti coinvolti in precedenti procedimenti penali ovvero collegati alla criminalità organizzata. Uno degli elementi che caratterizzano tali reti è il ruolo centrale assunto da alcune imprese, apparentemente non collegate alle altre, che assistono quelle richiedenti mediante consulenze ovvero dotazione dei mezzi patrimoniali, talvolta versati in contanti, necessari per accedere alla misura agevolativa.

I fondi erogati sono prelevati in contanti o trasferiti a 49 Fondi di investimento ed enti pubblici. Cessioni di crediti e accolli tributari favore delle stesse società, in contrasto con quanto dichiarato in sede di richiesta del finanziamento; talvolta, la monetizzazione delle disponibilità avviene mediante il preliminare trasferimento su carte prepagate intestate a soggetti collegati e rilasciate da intermediari esteri. Sono emerse alcune operazioni anomale e quindi sospette di riciclaggio poste in essere da fondi d’investimento sottoscritti da enti pubblici, finalizzate ad arrecare pregiudizio ai fondi stessi e ingiustificati vantaggi economici a soggetti privati legati da rapporti consulenziali agli enti sottoscrittori. In un caso di particolare interesse, il fondo di investimento ha acquistato beni e cointeressenze societarie da un’impresa estera riconducibile al consulente dell’ente pubblico sottoscrittore, società che li aveva rilevati pochi giorni prima a un prezzo sensibilmente inferiore; all’operazione ha preso parte anche un’impresa facente capo a professionisti, legata al fondo da un contratto di consulenza e remunerata lautamente dalla società che aveva venduto i beni al fondo. Sono stati rilevati, inoltre, flussi finanziari che hanno coinvolto direttamente gli esponenti degli enti pubblici: è il caso del trasferimento di disponibilità a favore del presidente di un ente da parte di una società riconducibile a un imprenditore che, tramite altre imprese, agiva come consulente di un fondo d’investimento sottoscritto dall’ente stesso. In un altro caso, un esponente dell’ente pubblico vendeva un immobile di sua proprietà a un’impresa neocostituita che riceveva i fondi per l’acquisto da consulenti dell’ente medesimo, riacquisendone immediatamente l’uso mediante un contratto di affitto.

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