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Sanzioni pesca illegale, sotto accusa associazioni di categoria

“La forza delle associazioni sta nel mettere insieme bisogni e culture. La rappresentatività è collegata alla forza dell’identità e significa capacità di interpretare i bisogni. Non si misura solo con i numeri e non significa presenza assidua nei salotti televisivi, dove si rischia di veicolare messaggi inappropriati”.

È questa la denuncia di R.U.O. (www.ruo.it) centro di ricerca palermitano, autore di uno studio – di prossima pubblicazione – sul sistema sanzionatorio adottato nell’Unione Europea per contrastare il fenomeno della pesca illegale.

Il riferimento è, proprio, al “cortocircuito esistente nel sistema delle sanzioni per la pesca illegale in Italia, causato dall’assenza nelle sedi opportune delle associazioni di categoria”.

Secondo RUO, il problema principale sta nella mancata distinzione tra il pescatore che rispetta le regole e il pescatore illegale:

“Assistiamo – sostiene il Centro di Ricerca – ad una crisi del comparto pesca in Italia, e questo è un dato, mentre ad ad essa si associa, viceversa, a causa di una crescente domanda di prodotto da parte del consumatore, un potenziamento della comunicazione tale per cui i cittadini, desiderosi di sapere, si trasformano da utenti a ‘consumatori’ del messaggio comunicativo”.

“Emblematico, a tal proposito – spiega RUO – il confronto tra un esponente di vertice di un’associazione datoriale della pesca di fronte alle opportune considerazioni della rappresentante dei consumatori, all’interno di una nota trasmissione dalla parte dei consumatori della terza rete pubblica, dove si evince con chiarezza, nel passaggio televisivo del dialogo tra i due, l’assoluta incapacità dialettica sul fronte di allontanare da sé, ossia dalla categoria, con argomenti fondati e seri il binomio pesca illegale= pescatore”.

Per il Centro di Ricerca si tratta di un “difetto di comunicazione” in relazione a cui emerge “la responsabilità delle associazioni di categoria che hanno preferito difendere interessi di comparto (emolumenti fiscali, previdenziali e sindacali), a scapito dell’immagine stessa della categoria che rappresentano e dell’effettiva rappresentatività, in termini di vigilanza, nelle sedi nazionali ed europee, dove venivano prese le decisioni”.

La soluzione al problema, secondo RUO, consisterebbe “nell’entrare nel vivo della comparazione della rappresentatività stessa attraverso l’analisi prioritaria e, quanto più possibile veritiera, dei numeri associativi quale ‘conditio sine qua non’ per la loro partecipazione a qualsivoglia, e a qualsiasi livello, tavolo tecnico decisionale”. prospettando “alleanze fra soggetti che, in qualche modo, non vogliono stare isolati e senza direzione di marcia”.

Per leggere il documento integrale di RUO cliccare qui: https://www.facebook.com/notes/ruo-research-unit-one/il-nodo-della-rappresentativit%C3%A0-di-fronte-alla-crisi-delle-istituzioni-e-il-dife/400927776916769

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