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Produttività delle imprese italiane: Italia indietro rispetto a Francia e Germania

Nel periodo 1995-2016 la produttività oraria del lavoro è aumentata dello 0,3% annuo in Italia, contro l’1,2% di Germania e Francia, e lo 0,7% della Spagna. La produttività in Italia è aumentata (1998-2017) nel manifatturiero (+30%) ma non nei servizi (0%). Con 80.000 euro di valore aggiunto per occupato la grande impresa ha una produttività doppia rispetto a quella delle piccole e medie imprese. Sono questi i dati principali emersi nel corso del convegno organizzato dal GEI, l’Associazione italiana degli economisti di impresa, al Festival dell’Economia di Trento dal titolo “La produttività delle imprese italiane tra lavoro e tecnologia: divari, dinamiche e prospettive della crescita” tenutosi nella sede di Palazzo Bassetti nei giorni scorsi.

Il seminario ha messo in luce come l’Italia abbia imboccato un sentiero di crescita della produttività, tuttavia con un percorso ancora troppo lento e polarizzato a favore solo di alcuni settori produttivi. “E’ su questa partita, più che su altri confronti, che si gioca la vera sfida del sistema produttivo italiano. Competere significa non solo avere qualità migliore e prezzi di mercato. Significa anche saper generare crescente valore aggiunto e produttività, base essenziale per aumentare i ritorni sia a favore degli azionisti sia a favore dei lavoratori. La ricetta è chiara: investire in capitale umano, tecnologia e innovazione. Anche su questo il prossimo Governo dovrà sentirsi impegnato a proseguire le politiche di supporto alle imprese” ha dichiarato Massimo Deandreis,Direttore SRM e Presidente GEI.
Innocenzo Cipolletta, presidente dell’Università di Trento e socio GEI ha evidenziato l’importanza di distinguere tra produttività relativa (ossia i tassi di variazione) e produttività assoluta (ossia il livello del prodotto per addetto). Ha inoltre sottolineato gli effetti di composizione della forza lavoro che spiegano gran parte del calo della produttività nel corso degli ultimi anni.

Sono seguite due relazioni tematiche. Quella di Matteo Bugamelli del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia che ha messo in evidenza “come la produttività nel manifatturiero dal 2009 si sia allineata in termini di performance a quella dei paesi dell’area euro, mentre nei servizi privati l’andamento è stato piatto e senza segni di recupero. La strada è investire nei fattori che generano efficienza a livello di impresa, prevalentemente ricerca e sviluppo per innovazioni di processo e di prodotto e accrescere le dimensioni di impresa” e quella di Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo e socio GEI, che ha approfondito la tematica dal lato della centralità del capitale umano indispensabile per usare a pieno le opportunità date delle nuove tecnologie: “In Italia ci sono più occupati qualificati sia di tipo white collar che di tipo blue collar rispetto al passato ma permangono differenze con i competitor europei. Occorre che le aziende investano di più, non solo in macchinari, ma anche in R&S e software. E’ possibile un cambio di passo anche grazie agli incentivi fiscali. Ma introdurre tecnologia non basta se non hai personale formato e qualificato. E’ dimostrato che le imprese che hanno investito in formazione negli ultimi tre anni hanno visto aumentare la produttività. Questa è la strada da seguire.”

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